Thursday, June 27, 2019

Venerdì 28 giugno 2018

L'Isola che non c'è   inserto 1

Apro il testo con quattro Anteprime riunendo quanto ho già scritto sull'isola riferendomi alle esperienze psichico - oniriche avute prima delle mie dimissioni ospedaliere. Quindi esse faranno parte sia del blog sia del libro che nascerà dalle loro radici. Se le avete già lette potete bypassarle, considerate però che costituiscono l'avvio e la base di un'iniziativa novella che potrebbe farci riflettere e ragionare meglio.

Anteprima prima)  L'avvio

...  Vengo al tema onirico immaginativo in cui mi trovai coinvolto. 
Sono in un giardino all'inglese in cui fanno mostra di se' piante nostrane e di tutti i paesi. Delle alture artificiali accolgono più tipi di palme e di primordiali felci. In una di esse c'è alla base un modesto ingresso. Immette di certo in un vano per vasi, zappe, vanghe, carriole; per curiosità entro e non trovo alcun deposito, solo lo scavo prosegue in lieve discesa. Non esiste illuminazione. Proseguo aiutandomi nella semioscurità con le mani, ora destra ora sinistra, contro le pareti vicine. No, non c'è nulla d'interessante e decido di tornare. L'imboccatura però non la vedo più o la porta potrebbe essere stata chiusa. Oltretutto ho anche l'impressione di aver superato qualche bivio interno in quanto con una delle mani, la sinistra, ho avuto delle difficoltà nell'indirizzarmi per la sua parte.
Non si ha idea di come in queste condizioni si perda in un attimo ogni orientamento. Avanzo sempre con le mani sulla parete facendo magari qualche inutile giro sulla mia posizione, sono intimorito per come mi trovi e su una possibile soluzione, che pur ci sarà. Infine un chiarore seguito da un punto di luce: è l'uscita della lunga galleria. Non è una porta ma un anfratto che immette ove non so. 
Lo raggiungo, esco e mi trovo sulla sponda sabbiosa di una verdeggiante riva marina. Non c'è nessuno attorno, l'assenza poi di chi mi attendevo per una vecchia promessa assistenziale mi conferma di essere sempre nei viventi e non di avere superato il confine che porta al tutto o al niente. Ho però l'impressione di essere osservato. Guardo meglio e noto che una figura anziana, senza età definita, indossante una tunica fino ai piedi, ieratica e solenne, è giunta silenziosamente a me vicina...."Benvenuto visitatore. Franciscus vero? Ti aspettavo e sapevo, sapevamo, che avresti sceltola via corretta nel labirinto in cui eri e che in futuro, se ci sarà, non ti ostacolerà più. Io sono EGAU e custodisco questo sito da centoottantasette anni" "Eminente Egau, allora non sono finito per il mondo da cui provengo e che ritenevo avere ormai abbandonato" "No, il tuo tempo è sempre valido, almeno per ora, ma verrà il momento, di cui sei ben conscio, e io sarò ad attenderti, lasciando l'apertura aperta, fintanto ci sarà un ritorno negato in quanto non la troverai più. Sappi che ti trovi nell "isola che non c'è" e volendo potresti collaborare ad un progetto di nuova vita, nuova speranza, umanità migliore. Per ora resta da dove provieni, il passaggio è dietro. Ci incontreremo di nuovo, questo è certo, lo so. C'è chi ti ha voluto e scelto, fermi il tuo arbitro e convincimento di accettare ciò che ti verrà proposto. Ave Franciscus" "Ave eminente Egau. Tornerò"
.. Vengo 

Wednesday, June 26, 2019

Giovedì  27 giugno 2019

segue da L'ortica è infestante

 L'isola che non c'è - Parte dieci - 

..... Segue dalla numero nove.....

Il pranzo e le due cene dei venti ospiti andarono benissimo, sia per il gradimento dei cibi sia per l'idea di loro impostazione in menù ittico, menù carneo e menù nature. L'ambiente fu vivace, gradevole, disteso. A ogni ospite venne assegnata una giovane assistente sia per la minuta gestione conviviale, sia fisica con doccia calda assistita, sia di riposo nella sezione notte di una foresteria in legno che si occultava fra le piante. Ora azzardo dire qualcosa sui presenti. No! non erano turisti, giunsero di primo mattino sbucando dalla nebbiolina su uno scafo navetta di medie dimensioni. Venero abbracciati e baciati tutti dal Maestro e dal suo vice, un giovanotto con i suoi soli centodue anni. Lo chef mi riferì  che erano i componenti di un consesso di parte degli "Ega" (mentre l'aggiunta della U, cioè EGAU spettava solo al più anziano di età, di attività, di saggezza riconosciuta accettata). Si trattava di tutti uomini, le donne al loro livello mancavano. Diversi erano di età indubbiamente veneranda, gli altri di media età, restando che lo status mentale e fisiologico era al massimo per tutti. Erano forse degli immortali o dei semi-mortali? Indossavano la tunica grigia di Egau, con leggere varianti di lunghezza e confezione e con cinture in vita di colore diverso denotanti, può darsi, livelli di grado differenti. Contrariamente agli altri Egau non portava cintura. La giornata degli ospiti si svolse in due fasi, la maggiore visitando nell'isola più centri di attività, condotti e guidati da appositi addetti, la seconda riunendosi riservatamente nella grande capanna del Consiglio, attivata occorrendo sia per motivazioni interne sia esterne come questa volta che certamente non doveva essere la prima. La seduta paraparlamentare (posso chiamarla così?) dura fino quasi all'alba, qualche ora di sonno, qualcosa di caldo per il mattino e tutti a casa, dove?, usando lo stesso enigmatico vascello dell'arrivo. Maestro devo rientrare e il passaggio è sempre aperto. Porterò con me l'esperienza di questo incontro e tornerò, si che lo farò, per ora ti chiedo di darmi congedo. Fai pure Odir, considerando alcune cose. Stanotte nella nostra comunità abbiamo parlato anche di te e altri, sappiamo il possibile, tutto, sul passato, sull'oggi e .... sul futuro. Per quanto ti riguarda ci siamo immedesimati in te o sei tu che lo hai fatto per noi, forse; senza saperlo ma almeno intuendolo tu potresti essere uno di noi e noi te. Rientra pure, torna quando e se vuoi, io ti attendo pur se, lo so già, ci rivedremo presto. Devo parlarti molto, chiederti altrettanto, offrirti opportunità che potrebbero esserti congeniali. A presto Odir. Con questo rientro e forti dubbi sulla realtà e irrealtà chiudo quanto mi sono sentito di esternare sull'evento funesto del sedici dicembre duemiladiciotto, con le sue complicanze e conseguenze ancora in essere per alcune di esse. Temo di essere stato pesante e prolisso ma ciò che ho esposto è stato molto riduttivo sui travagli passati, pur se ho provato a ridurli a un minimale. Se c'è chi ha gradito il mio scritto nella sua positività e negatività non posso che esserne felice, se c'è chi lo ha trovato non gradevole sia certo che lo comprenderò. Tenterò ad ogni modo di proseguire il nostro pour parler provando a far nascere un fascicolo apposito, supportato dagli incontri futuri col Maestro Egau e dai miei intendimenti. Che titolo gli darò? semplice "L'Isola che non c'è" Peter Pan mi scuserà.


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Tuesday, June 25, 2019

Mercoledì 26 giugno 2019

segue da L'ortica è infestante

 L'isola che non c'è - Parte nove - 

..... Segue dalla numero otto .....
Allora Chef passiamo al pranzo basato sulla carne. Ecco così nascere un menu che avrebbe inorridito vegetariani e vegani. Aprono un flute di prosecco, tartine al burro con mousse di fegato d'oca più  un carpaccio di vitello dell'isola abbattuto con titubanza (era previsto un tempo successivo) e metodo umanitario, non offendendo la solita gola. Seguono fettuccine fresche al ragù bolognese sommerse da una nuvola di Parmigiano doc. Poi uno stinchetto al forno disossato e una buona porzione di girello accompagnato da insalata con pomodorini mignon, cetriolini, cipollette e altro. Niente fiorentine, avrebbero monopolizzato il pasto. Ed ecco il clou del giorno, il carrello dei bolliti arricchiti dagli apporti delle sode mostarde cremonesi. Ovviamente nulla a vedere col classico "lesso" casalingo, generante brodi più o meno sapidi con residui carnei filacciosi e insapori. No, il bollito specie se veneto e di Conegliano è un'arte culinaria di pregio la cui conclusione si evidenzia in un carrello in cui sono distese sapientemente le carni scelte per la bollitura, bovine, ovine, avicole rapprese nei loro brodi concentrati, accompagnate dell'acre mostarda di frutta lucente nel suo splendore la quale solo nel "bollito" esprime il meglio di se. E' questa una portata che meriterebbe essere l'unica di un simposio. Si chiuderà con un piatto bi-conca, una con fagioli e cotenne di maiale, l'altra con fave verdi e trippa bovina. Frutta e dessert più o meno tali la prima cena con l'aggiunta di stupendi fichi d'India freschi e sbucciati, si propone inoltre un assaggio di cacio cavallo, specialità dell'isola e altri formaggi graditi, sempre autoctoni, scelti da più taglieri disposti in tavola. Vino rosso e corposo. Pizza calda per tutti. 
Passiamo così al menù della cena che chiuderà il soggiorno degli ospiti illustri (saprò poi chi siano). Abbiamo scelto per un pasto "nature" che equilibri al meglio possibile i due precedenti. Apriremo col Prosecco e con tartine-burro cosparse di abbondanti fettine di tartufo nero, a seguire funghi porcini e rose di carciofo sottolio di qualità. Poi bavette al pesto genovese doc. Si prosegue con asparagi bianchi-verdi accompagnati da uova in camicia e una pioggia di reggiano. Si completa con una eccellente parmigiana e insalata mista ristoratrice. Poi più qualità di formaggi, di frutta e dessert. Vini bianchi abboccati e secchi accompagneranno i commensali che disporranno pure di fragrante pizza calda sostitutiva del pane. Così terminano le nostre fatiche e, di certo, tutto andrà per il meglio. L'invito a partecipare è pure per me, con l'interesse e curiosità riferiti all'impatto con un mondo ancora sconosciuto. Sono sempre meravigliato al notare la presenza in loco (li avevo già intravisti) di due enormi vasi vitrei, uno con funghi porcini  e l'altro con carciofini sottolio di pregio particolare, gli stessi che fecero mostra sui tavoli di una cena di molti anni or sono fra amici, direttori, dirigenti finanziari e assicurativi promossa nella sua villa romana dal dottor Mario Bessi proprietario della "Sovrana Assicurazioni" in cui il vaso di funghi lo avevo di proprio di fronte mentre quello dei carciofi, sempre prossimo, si trovava in altro tavolo. Miracoli della mente, dei ricordi, del conscio e inconscio.

......... prosegue ..........


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Monday, June 24, 2019

Martedì 25 giugno 2019

segue da L'ortica è infestante

 L'isola che non c'èParte otto 


Rieccomi venerando Egau, stavolta non ho trovato difficoltà nella lunga galleria buia e ho pensato, posto lo gradisca, di appellarti come "Maestro", certo che tu possa esserlo per me e altri dell'isola che pur ci saranno, e tanti altri fuori. ... Bene Franciscus, fai pure, e tu per me sarai Odir, è un livello che poi comprenderai se la tua presenza si consolidi ...  Stavolta noto al limite della spianata sabbiosa diverse persone locali intente a fare o preparare qualcosa, ne chiedo al Maestro e lui precisa che giungeranno una ventina di ospiti "speciali" e ci si sta dando da fare per una accoglienza adeguata. Ci spostiamo e vedo diverse giovani, poco più che bambine, confezionare con fiori collane, bouquet, composizioni per tavoli e coroncine da appendere in qualche superficie. Oltre loro, in alcuni grandi tavoli, più uomini - donne lavorano di cucina; indossano tuniche per le donne o camicioni - short se uomini, oltre ampi grembiali di lavoro. Il Maestro Egau chiede poi al capo-cuoco, che appello subito chef evitandomi nomi complicati, se tutto stia procedendo a dovere e ci presenta affermando che io sia quello di cui entrambi già sapevano molto o tutto, fatto è che mi considerino già uno dei loro. Poi lo Chef a me ... Egau oggi voleva parlarti ma l'arrivo di un gruppo particolare ci ha oltremodo assorbito, lo farà la prossima volta, volevo chiederti però consiglio e collaborazione sui menù, cosa che volevo fare nella prima tua visita ... Non ho difficoltà a dedicargli la mia attenzione per ben figurare con questi visitatori di riguardo (chi erano? forse investitori?) i quali, oltre il soggiorno, avrebbero consumato due cene e un pranzo, più le colazioni ai tavoli, decidiamo così per tre menù diversi, il primo serale a base di pesce locale, il pranzo carneo, la cena seguente sui tanti prodotti agricoli del luogo, cioè un pasto "nature" che avrebbe forse alleggerito i precedenti. Tutte le portate in porzioni moderate, poco più che un assaggio, visto il loro numero alquanto ampio. Stiliamo così la "carte" della prima cena che passerà poi al calligrafo per una adeguata presentazione e descrizione. L'avvio comprende un flute di prosecco d'inizio più tartine con burro e cavis (caviale dell'isola) oltre una tablette con ostriche e cozze gratinate, a seguire spaghetti a piramide con aragosta o astice, orata in crosta, polipi, calamari e anellini di totano in un cacciugo alla livornese, fritto di piccole triglie e moscardini. Una insalatina  di primizie con aceto di Modena precede il finis composto da un umido di pisellini verdi con vongole veraci sgusciate. Si completa con fichi d'India freschi, rossi e sbucciati e altra frutta dell'isola, specie papaia, ananas, mango, datteri, banane, raccolta in capienti contenitori a disposizione del commensali. Dessert con mirtilli, lamponi, ribes, fragoline, cui si affianca una coppa di panna montata. Pane e pizza specialiper tutti, vino bianco top con bollicine.
Ecco perché ho suggerito dosi sul minimale, lontane dalle corpose nostrane che avrebbero poi posto la digestione in difficoltà.

.... segue ....

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Wednesday, June 19, 2019

lunedì 24 giugno 2019 
Giorni estivi più lunghi dell'anno quanto alla luce diffusa
          
  segue da L'ortica è infestante 
  
 L'isola che non cè - parte sette - premessa

Nel ricovero riabilitativo di Cuasso c'è stato che a parte il trattamento eccellente ricevuto si dormisse nel complesso poco pur se alle ventuno tutti a nanna. Il nostro piano, il secondo di tre oltre l'area ginnica, ospitava un centinaio di uomini - donne malmessi con  conseguenti chiamate d'emergenza a tutte le ore, poste in essere col continuo trillare di campanelli cui seguiva il rullio del carrello farmaci e il passare di due infermieri-infermiere i quali non mancavano di chiedere già dal corridoio cosa mai fosse avvenuto, a ciò aggiungo interruzioni riferite al controllo sangue per i diabetici e i prelievi ematici per le analisi per la visita del mattino successivo, altrettanto per il controllo arterioso e il cambio di sussidi urologici. Il tutto con l'accensione sovente delle forti luci della stanza che ci facevano sobbalzare nei letti. Insomma resta che si dormisse poco, di un bel sonno ristoratore non se ne parlava. Ne derivavano pause ripetute in un misto di veglia-sonno ove la mente, pur libera dai crucci fisici e psichici quotidiani navigasse a suo piacere in mondi per fortuna non più d'angoscia. E vengo al tema. Sono in un giardino all'inglese in cui fanno mostra di se piante nostrane e di tutti i paesi. Delle piccole alture artificiali accolgono più tipi di palme e le primordiali felci. In una di esse c'è alla base un modesto ingresso. Immette di certo in un vano per attrezzi, vasi, zappe, vanghe; per curiosità entro e non trovo alcun deposito, ma lo scavo che prosegue in lieve discesa. Proseguo aiutandomi con le mani ora destra ora sinistra contro le pareti vicine. No, non c'è nulla d'interessante e decido di tornare. L'imboccatura non c'è più o la porta potrebbe essere stata chiusa. Oltretutto ho anche l'impressione di aver superato qualche bivio interno con una delle mani, la sinistra, la quale ebbe delle difficoltà  nell'indirizzarmi per la sua parte. Non si ha idea di come si perda ogni orientamento in queste condizioni. Avanzo sempre con le mani sulla parete facendo magari qualche inutile giro sulla mia posizione, sono intimorito per come mi trovi e su una possibile soluzione che pur ci sarà. Infine un chiarore seguito da un punto di luce, è l'uscita del lungo canale o canali. Non è una porta ma un anfratto che immette ove non lo so. Lo raggiungo, esco e mi trovo sulla sponda sabbiosa di una riva marina e verdeggiante. Non c'è nessuno attorno, l'assenza poi di chi mi attendevo per una vecchia promessa assistenziale mi conferma di essere sempre nei viventi e non di aver superato il confine che porta al tutto o al niente. Ho però l'impressione di essere osservato. Guardo meglio e noto che una figura anziana senza età, con indosso una tunica fino ai piedi, ieratica e solenne, è giunta silenziosamente a me vicina. .... Benvenuto visitatore, Franciscus vero? ti aspettavo e sapevo che avresti scelta la via corretta nel labirinto in cui eri e che in futuro, se futuro ci sarà, non ti ostacolerà più. Io sono "EGAU" e custodisco questo sito da centottantasette anni. .. .. Eminente Egau, allora non sono finito per il mondo da cui provengo e che ritenevo avere ormai abbandonato. .. .. No, il tuo tempo è valido almeno per ora ma verrà il momento di cui sei conscio e io sarò ad attenderti, lasciando l'apertura per te sempre aperta fintanto verrà che per il ritorno non la troverai più. Sappi che ti trovi nell'isola "che non c'è" e volendo potresti collaborare a un progetto di nuova vita, nuova speranza, umanità migliore. Per ora resta da dove provieni, il passaggio è dietro te. Ci incontreremo di nuovo, questo è certo, lo so. C'è chi ti ha voluto e scelto, fermi il tuo arbitrio e convincimento. Ave Franciscus  .... Ave eminente Egau. Tornerò.


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Tuesday, June 18, 2019

 Mercoledì 19 giugno 2019

 L'ortica è infestante, parte sei

Delirium  bilocation
Dove è l'icona di qualche santo o madonna che avevo a me dinanzi? e il muro dirimpetto è sparito? e che reparto ospedaliero è mai questo ubicato in un maxi-salone che potrebbe accogliere due-tre sale cinematografiche? è poi un ospedale? e quale? Degenti in ogni lato, penso un centinaio, col fondo sala ove sono parcheggiate donne anziane che urlano di continuo per qualche assistenza, specie se legata alla pipì. Un mondo variegato di estranei gravita all'interno, clochard, barboni, nomadi, immigrati, poveri. Molti hanno dormito in terra e alcuni non si sono ancora levati. In una enorme valigia di plastica rossa aperta a libretto dorme ancora aggrovigliata su se stessa una famigliola africana. Qualche associazione assistenziale ha posto al centro del salone più ceste di arance col cartello "non più di due a persona grazie" così per alcuni contenitori di latte, succhi frutta e acqua che nessuno prende salvo i nomadi e i piccoli neri della valigia rossa. Ne vorrei profittare ma nessuno mi da retta e aiuta. Spuntano più  preti nostri e ortodossi con la barba che consolano un paio di moribondi e benedicono uno che se n'è andato senza alcuno se ne accorgesse. Medici e infermieri zero, siamo autoregolati da una strana disciplina autoctona che pare funzioni, almeno per un minimale. Da una certa ora mattutina siamo poi subissati da una folla di parentado d'ogni ordine e livello, manca solo che facciano qualche fuocherello interno. Per i caffè no, decine di caffettiere, anche napoletane, sono collegate alle prese col rischio di far saltare più di una centralina elettrica. Il tutto con i due che stanno morendo, anzi solo uno ormai che per l'altro vedo il prete non più in fase assistenziale ma benedicente. Frammisto a questo  marasma c'è che sul fondo sala è celebrata una messa.del tutto anacronistica e  ignorata. Fra il tanto andirivieni  ho l'impressione di vedere e sentire mio figlio Alberto e mia figlia Silvia che comunque non mi trovano. Ne viene che io dica a me stesso "una folla mi passa sulla destra, sinistra, ai piedi, dietro il capo senza che sia notato, risponda alle richieste di aiuto, mi getti uno sguardo, non è che non ci sia più, me ne sia andato senza accorgermene?". No, non è così, almeno per ora. Il giorno tutti mangiano del loro, dall'ospedale nulla di solido o liquido. infine è sera e l'oretta dedicata allo spettacolo preannunciato è da incubo, basato sulla conversazione scialba e scurrile di due donnette nel mercato romano del Pigneto. Ho fame e soprattutto sete. Nessuno mi ha dato un bicchiere d'acqua. Spero di venir fuori da questo incubo auspicando l'intervento dei miei figli, specie  Rita che so si stia interessando e me, oltre il raccomandarmi ipocritamente ai soliti santi di mia madre tant'è che qualcuno di loro mi suggerisce un pensiero per ricordarmi delle sofferenze si Gesù sulla croce, va bene! le ricordo! e le mie non valgono proprio nulla? Chiudo gli occhi, voglio almeno dormire, mi assopisco e dormo profondo non so quanto. Mi risveglio e sono nel solito letto, solita stanza, solita icona, diciamo che sia tornato alla fase d'inizio o non mi sia mosso affatto. Il compagno di stanza dice che avevo borbottato e farfugliato un bel po. Ho evitato molti particolari ma ciò che ho detto è una buona summa dell'evento trascorso. Questo episodio avrà  un seguito nella stessa giornata che mi riporterà indietro nel tempo e si concluderà col mio abbandono dell'ospedale romano per giungere a Varese. Proseguirò domani.


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Monday, June 17, 2019


Martedì 18 giugno 2019



L'ortica è infestante parte cinque

 Delirium - La signora in nero
La voce appena percepibile è implacabile e continua: "... vieni, ti aspetto ...". Chi la pronuncia in un ambiente poco illuminato è una figura molto alta, sui tre metri, raffigurata da una sagoma tale fosse ritagliata in cartoncino nero posta o riflessa contro un muro della sala. "... ti aspetto,, è la tua ora ...". Tento un colloquio: "Signora del mondo oscuro, morte nera, io sono qui e pronto a ciò che chiedi se quel filo che tieni fra le dita concerna me e sia terminato, ma se non lo fosse e avessi una opportunità di ancora un mese, un anno, dieci, perché infierire?". Ciò sempre col soffio ripetuto del vieni, ti aspetto. Proseguo: "Signora, sai che ti conosco, già mi fosti vicina e mi hai rifiutato, non era la mia ora quando militare infante  una funicella funesta quasi mi tagliò il collo e quando svenni nella piscina di casa ove ero solo, affogandomi per tre quarti e salvato da un arrivo imprevisto di mia figlia Silvia, così per il subire le bombe del cielo e della terra e per quando fui addetto allo sminamento in un'area toscana e non saltai su alcuno dei perfidi gingilli che potevano mandarmi da te in un attimo, eppure non mi volesti, quindi non ti reputo cattiva o nemica, ma solo un complemento dell'unità assoluta che ci sovrasta". Segue lei: " ... è detto che oggi sarai con me, pur se del tuo filo ancora ne resta. Senti che al di là della parete stanno provando una pistola e sarà per te. Ti hanno scelto fra i tanti che hanno svolto una carriera primaria, sino ai massimi gradi, e hanno ingannato tutti con una falsa competenza e un difetto pauroso di vera istruzione. Chi ti colpirà è un valente radiografo, figlio di altro valente primario il quale, pur con la sua eccelsa formazione, non quella raffazzonata vostra, è oggi senza far nulla. Doveva essere scelto uno della masnada di cui sei parte e la preferenza è andata a te che, forse, hai esagerato di più ... ". Odo bene il maneggio di qualcosa di metallico poi un colpo tremendo, pochi secondi e altri due. La prova è finita, il seguito sarà per me. Entra Valerio, il radiologo disoccupato, con la pistola in una mano e nell'altra  una tazza in cui tintinnano i colpi per l'arma, Passo metà nottata a parlare con lui mentre i tenui "vieni.. vieni" proseguono incessanti. Valerio ripete le becere argomentazioni della Morte Nera aggiungendo che avevano già tentato di farmi fuori (lui e chi altro?) con l'over dose di qualcosa di letale (vero, in precedenza mi era stata proposta una iniezione per un miracoloso ristabilimento che rifiutai nettamente). Io controbatto con argomentazioni generali, psicologiche e filosofiche inutili e incomprese, poi con incavolamento personale per dirgli, quasi urlando,che lui, figlio di papà e mammà sino ai trenta abbondanti, di fortuna ne aveva avuta fin troppa, sia di coccolamento, sia finanziaria, sia istruttiva, sia di successiva destinazione ed ora, pur se un contratto non gli era stato rinnovato avesse staccato il culo dalla comoda copertura paterna e avesse cercata una occupazione consona tirando fuori la sua grinta e non col desueto intervento protettivo". Forse quest'ultima parte, da me espressa con violenza, deve averlo colpito in quanto non indugia più, pone un colpo in canna, posa la tazza con gli altri, viene di fronte e mi punta la pistola contro. Stavolta è la fine senza interlocuzioni. Chiudo gli occhi e dico: "Valerio, non lo fare! lo dico per te non per me, ti rovineresti la vita togliendola a chi l'ha già passata, non lo fare". Segue un rumore metallico particolare, apro gli occhi e noto che Valerio aveva scaricato la pistola ponendo poi il colpo nella mia mano e rifiutando la stretta di mano che io offersi. Il " ,,, vieni, ti aspetto, Valerio spara ..." è proseguito sempre più flebile, sino a perdersi. Finalmente mi addormento senza incubi perdendo la pallottola che stringevo in mano. Di particolari ce ne sarebbero una infinità ma ciò che ho riportato è sufficiente. L'incubo lo vissi talmente intenso da crederlo reale e definirlo tale l'indomani ai miei figli. Una esperienza in più aggiunta alle tante di questo periodo burrascoso.


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Saturday, June 15, 2019


Lunedì 17 giugno 2019


(Domenica 16 sono sei mesi da quando  caddi, oggi Lunedì 17 sei mesi  dall'essere operato)  


L'ortica è infestante parte quattro  

note di vita Cambia tutto - a casa (Varese)

L'auto di mia figlia è all'ingresso dell'istituto di Cuasso. Giungo in carrozzina con un pò di magone nel lasciare un sito amico, pur se sono diretto a una meta che non posso di certo considerare ostica, cioè la casa di mia figlia in Varese che per cento motivi personali e affettivi considero al pari, e più, della residenza romana. Il passaggio dalla carrozzina al sedile auto comporta difficoltà ma ciò sarà per poco. Percorriamo a ritroso la disagevole via che porta in città, quella ove Rita di sera al buio, venendo e tornando da me,  incontrò più volte volpi, cinghialetti, anche un daino, tutti in libertà e pericolosi per il traffico di passaggio. Infine Varese. Saliamo e trovo il calore, l'accoglienza, comodità che ero certo non mancassero, sia per mia figlia, sia per una famigliola del Marocco, (Brahim - Latifa) collaborante e coabitante con Rita da quindici anni, formante ormai una mini-comunità allargata e affiatata. Siamo nell'aprile inoltrato con tempo piovoso e ventoso, come non fosse primavera. Eccomi così in una stanza attrezzata per me, con letto a sponde, materasso antidecubito, deambulatori, biciclettina da camera, poltrona comandata. E parte un lungo periodo di terapie assistite da specialisti, laboratori analisi e radiologici, da Nicoletta, una riabilitatrice in gamba, nonché complementi autogestiti dal mio impeto che vorrebbe tutto e subito. Aggiungo le uscite in sedia a ruote, soste conviviali con le amiche-amici di mia figlia, cerimonie nella cattedrale di San Vittore. soste per aperitivo e mangiare qualcosa. 
Ecco così concretarsi le prime mete come il deambulare più fluidamente, salire e scendere dall'auto senza difficoltà, sedersi in letto, distendersi, rialzarsi, toilette mattutina e serale in bagno, sedersi sul water e pulizia successiva, doccia semiassistita, radersi, piegatura gambe più accentuata, alzarsi dalla sedia, passaggio autonomo fra ausili (sedie e deambulatori) e altre mini particolarità che si notano solo quando esse difettino, mai in condizioni di normalità. Mancano altri passi che poi vedremo di risolvere in questo ultimo periodo prima di tornare a Roma, come una prova di scalini, uso di tutori per il cammino, tali i cosiddetti canadesi e simili, il fare flessioni e un pò di gim, pur necessarie per la parte  superiore a oggi trascurata prò quella inferiore, il trafficare con ausili urologici e altro. Dovrò risolverli o  provare a farlo. Sono comunque ottimista o almeno non pessimista e ciò mi aiuta nelle difficoltà. Ho avuto anche modo di far conoscere alle amicizie di mia figlia la presenza in rete del nostro blog con le sue particolarità, seguito dalla descrizione di alcuni degli eventi passati, notando che l'entusiasmo mi porta sovente a ampliare e immaginare particolari in più pur sempre riferiti a eventi di base sostanzialmente veri. Devo limitarmi in ciò ma l'entusiasmo per il passato trascorso nel bene o no mi prende mente e parole, col pericolo concreto che possa superare la sopportazione di chi in ascolto.
Ritengo di essere più che fortunato nell'avere una figlia meravigliosa, affettiva, competente, tollerante e non posso che augurargli ogni bene e riconoscenza. Con lei abbiamo fatto pure un programma futuro di probabile bilocation, Roma - Varese il quale, superato agosto, vedremo come e se concretare. Finito il tempo varesino dedicherò un ulteriore inserto relativo alle terapie svolte e ai risultati conseguiti, per ora chiudo e a domani.

Friday, June 14, 2019

Venerdì 14 giugno 2019

L'ortica è infestante, parte tre
Note di vita. Cambia tutto e meglio. Cuasso

Dopo una arrampicata impervia di venticinque chilometri eccomi alla nuova destinazione, il centro riabilitativo di Cuasso, sempre provincia di Varese, su un monte che sovrasta la frontiera con la Svizzera. Mi fanno notare che sulla sua cima, a fronte delle nostre finestre, ci sono evidenti resti di fortificazioni passate, accompagnate da gallerie e opere in scavo che le genti locali ben conoscono. Risalgono al 1914 quando l'Italia, coinvolta poi nella prima guerra mondiale, le predispose come linea di difesa nel timore che gli austro-ungarici potessero attaccarla violando l'indipendenza elvetica, come fecero i tedeschi nel Belgio. L'edificio di quattro piani risale agli anni venti-trenta ed era dedicato ai tanti affetti dalla malattia allora imperante, la tubercolosi, infine debellata. In seguito è stata dedicata ad altri servizi, fino alla riabilitazione motoria di persone colpite da incidenti, traumi, problemi articolari. La sua storia si evince nel notare l'impostazione d'inizio, sempre evidente, che lo aggiunge alle analoghe strutture alpine e prealpine come Sondalo e similari. Evito accennare a chi volle il loro sorgere per non essere tacciato di essere legato a eventi e capi della gioventù.
Pur con le mie evidenti migliorie legate all'ospedale di Varese sono ancora alquanto malridotto, con preoccupazione del mio stato fisico e psichico. Oltretutto non sono praticamente mai stato sottoposto ad alcuna terapia riabilitativa, pur se dalla metà dicembre 2018 a oggi, marzo 2019, ne avrei avuta necessità assoluta, anzi dovrei averla già terminata e rientrato in casa. Purtroppo tre mesi e più se ne sono andati per problemi più importanti e impellenti. Conosco così il mio eccellente riabilitatore, Alfonso, e l'altrettanto eccellente dottoressa Daniela la quale seguirà e controllerà il mio stato e progressi che, mi auguro, siano veloci e costanti. Si avvia così un lungo percorso di robusti massaggi alle gambe, propedeutici alla mobilizzazione dell'arto, il contrario di quanto mi aspettassi. Dice Alfonso: "... ogni cosa a suo tempo, si fidi, le giunture della gamba sinistra offesa le affronteremo una volta ammorbidito quel tronco che oggi si sostituisce ad essa ...". Altrettanto è per la dottoressa la quale mi vede pure migliorato (in che non so). Infine le prime prove di mobilizzazione, difficili e dolorose, concernenti piede, dita, caviglia, anca, ginocchio, i cui progressi di piegatura vengono evidenziati su una tavoletta graduata e controllati giornalmente da Alfonso e dottoressa. Mi pongono infine in piedi entro un pesante deambulatore professionale ospedaliero e via! camminare! Così, minimizzando le difficoltà del principiante, percorro i primi dieci metri, poi venti, trenta, cinquanta (io che ho fatto più maratone maxi e mini nel team di Abdon Pamic!). Infine il giorno in cui dicono a me e figlia che la gamba, sempre gonfia, non era più un tronco di abete ma un complesso accettabilmente snodato che, pur assistito, aveva ben supportato il deambulare e loro, consci comunque dei problemi suppletivi, di più non potevano fare, salvo prolungassi la degenza di sei - sette mesi, cosa che la Asl non avrebbe mai concesso. Quindi era opportuno rientrassi in casa e svolgessi nell'ambito domestico l'iter del cammino, massaggi e problemi irrisolti, sia individualmente sia supportato da qualche collaborazione. Insomma con belle parole mi dimettono e termino il soggiorno sulla frontiera italica di Porto Ceresio. 
Che dire del periodo? tutto il bene possibile, come per mia figlia Rita che mi ha visitato tutti i giorni, portandomi pure generi di conforto (funghi porcini e carciofini sott'olio, dirò poi il perché), per Alberto, Dalia e Francesco giunti dalla remota Roma, per le terapie e  trattamento eccellenti, per la cortesia, professionalità, pazienza mai mancate che hanno contribuito al farmi sentire in forma e cominciare a progettare il futuro che verrà. Come dimenticare poi le messe e comunioni pomeridiane del cappellano don Adolfo, disertate da tutti salvo me, una anziana svanita e a volte una - due sporadiche presenze? anche ciò ha completato e personalizzato un tratto di vita difficile. 
Si chiude così un ciclo e se ne apre uno nuovo di cui parlerò nel prossimo inserto.


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Thursday, June 13, 2019

Giovedì 13 giugno 2019

L'ortica è infestante, parte due
Peripezie di vita - Cambio in tutto, in meglio

 Ecco, dopo otto ore di viaggio l'ambulanza entra in Varese, volta immediatamente a destra e poco dopo sono nell'Ospedale di Circolo, il maggiore cittadino, ove mi aspetta mia figlia Rita e sono subito ricoverato. Sento il parlottare dei medici con "... speriamo arrivi a domattina ...".  Sono senza un filo di voce, l'ho perduta sia con la bronchite in atto che col pesante viaggio che mi ha consegnato mezzo morto ai barellieri del Pronto Soccorso. Nella stanza che mi accoglie ho a lato un signore di mezza età dalla vita complicata lombarda - ucraina che, per difficoltà familiari, moglie e figli abbandonati e lui fuggito a Kiev con la giovane procace dell'est (solita storia), tornato nella famiglia d'origine, penso per motivi economici, aveva pensato  di buttarsi dalla loro finestra, al quarto piano del caseggiato, rompendosi tutto ma non morendo. Saprò poi da mia figlia che, malgrado l'impossibile tentato da medici e specialisti se n'era andato, magari con una sosta dell'anima in terra russa. Quanto a me medici, specialisti, primari, mia figlia anzitutto, mi curano pezzo per pezzo e, oltre a farmi a giungere al mattino successivo, in una ventina di giorni intensivi mi rimettono in uno stato fisico e psichico tollerabile, restando però che per la gamba sinistra offesa non sia ancora iniziata alcuna terapia riabilitativa. Così giunge l'atteso annuncio: "domani la trasferiremo nel nostro istituto riabilitativo" sito in provincia, a Cuasso al Monte, a picco sulla sottostante Porto Ceresio, punto della frontiera Italo Elvetica. Aggiungo per doverosa nota, di aver ricevuto in Varese una assistenza e trattamento più che eccellenti con gentilezze e riguardi da mettermi a volte in imbarazzo. Mia figlia medico mi ha gratificato della sua presenza e affetto dimostrandomi, anche per la visita gradita dei figli romani, di avere una famiglia ammirevole e che l'Italia, come affermava Metternich, sia solo una espressione geografica. Infatti, e per il settore sanitario e per cento altri differenti l'abisso fra il centro-sud e il nord  è incolmabile e irrecuperabile. Così è sempre stato e purtroppo resterà. Proseguirò con la riabilitazione a Cuasso al Monte e altro nei prossimi giorni.


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Wednesday, June 12, 2019

Mercoledì 12 giugno 2019

Il Salotto di Avus riapre in forma anomala. 
Per ora non posso garantire una periodicità costante e mi adatterà ai tempi e possibilità a disposizione. Sono sempre in Lombardia per cure e riabilitazione, prevedendo di tornare a Roma nel prossimo Luglio inoltrato.
Quindi buona giornata a tutti.


L'ortica è infestante
Al volume già edito “Campi di Ortiche” dedicato agli eventi infausti del diciassette luglio 2015, viene ad aggiungersi un ulteriore complemento. Auspico non ce ne sia un terzo..Ah! il primo mattino del sedici dicembre 2018 in cui in casa caddi rovinosamente di spalle e di nuca, con il rischio di concludere al momento la mia esistenza, per il poco possa valere,.
Il colpo alla nuca fu attutito dall'interposizione fra pavimento e capo dell’indice e medio della mano sinistra visto che non ebbi il tempo di usarla tutta. Sarebbe stata una protezione più efficace.. Mentre non potei  evitare di subire la poli-frattura del femore sinistro
Così emergenza personale e casalinga primaria, familiari agitatissimi,.ambulanza che in pochi minuti mi trasferisce al Pronto Soccorso dell’ospedale Sant'Eugenio, ove sono visitato dal primario chirurgo, li presente malgrado l’ora insolita, il quale afferma “questa mattina alle 10 la opererò,.più veloce di così difficile immaginarlo. L’intervento dura una mezz’ora e viene trasmesso dalla Televisione del reparto, così mia nipote Stella e mia figlia Rita (giunta fulmineamente fa Varese).hanno modo di seguire ciò che mi stavano facendo.
La ricostruzione del femore con il supporto di un ausilio metallico conclude un iter il quale, salvo la riabilitazione a seguire, doveva essere per me il primo dei due traguarda assolvere. Mai pensare ciò. In un perfido susseguirsi di imprevisti ecco manifestarsi una forte emorragia interna controllata con difficoltà, tempi lunghi e dieci sacche di sangue trasfuse (per  le mie vene un ricambio totale), gonfiore macroscopico dell’arto sinistro ridotto a un rigido tronco d’albero. Non basta, il trasferimento in freddi sotterranei radiologici o in studi anche esterni per controlli e visite mi procurano una forte bronchite che tenta pure, senza riuscirci, a mutarsi in polmonite.
Conseguenza di queste anomalie ecco sopraggiungere una elevata dissenteria, controllata con difficoltà. Dal tutto ne è  seguita la sospensione di ogni impossibile attività riabilitativa e il peggioramento della gamba sinistra offesa, sempre più rigida e gonfia, simile a un grosso trancio di abete tagliato con la motosega. In semi-veglia, non sogno, ebbi più volte fenomeni di bilocazione di cui poi dirò,. Non vedevo più via d’uscita e un paio di volte credei di avere fatto il passo finale senza essermene accorto. In stato alterato di non veglia, non di sonno, parlai a lungo con la “Signora in Nero” che stringeva fra le dita il filo della mia esistenza, pretendendo il mio dipartire (pur se in epoche remote per almeno due volte in eventi ai limiti estremi mi rifiutò e forse mi salvò).
Diverse volte fui e fummo trattati sgarbatamente, se non ignorati, dal personale del più grande nosocomio romano, non così nelle altre strutture, finché i miei figli, i romani Silvia e Alberto, nonché Rita, la varesina medico primario che avrebbe provveduto alla mia sistemazione, decisero di sottrarmi alla sicura fine romana. Trovarono una ambulanza privata da Roma per Varese, Silvia mi accompagnò nei settecento chilometri di tragitto, mentre Rita aveva predisposto tutto per il mio ricovero. Qui termino il dire sul periodo passato nella capitale. Il prosieguo vedrà la fase lombarda che non ho difficoltà a definire miracolosa. Farei un torto al destino, alla figlia medico e a chi mi ha aiutato a uscire da uno stato in cui mi davano già per spacciato...

Chiudo evidenziando l’inutilità e il pessimo gusto del profferire ripetutamente gli innumerevoli “SE”, “MA”, “PERO’”, “FORSE”, “DOVEVI”, “POTEVI”, “SCONSIDERATO”, “NON PENSI AGLI ALTRI” , “L’AVEVO PREVISTO”, “TE LA SEI CERCATA”, “NON DOVEVI ALZARTI”, (già e la pipì la facevo a letto?) ecc., ecc..
Nessuno è così masochista da cercarsi volutamente il male. Ogni evento fausto e non, positivo o negativo, sorge da un nostro comportamento precedente, regolare o irregolare sia stato. Pertanto il passato va preso per quello che è, cioè che non torna più, pur se possa in una certa misura indirizzarci per il futuro. Quanto a me sono caduto, non posso farci nulla oggi e tanto meno allora,. sarò di certo più attento nel futuro e basta, senza se e senza ma.