Wednesday, November 21, 2018

n. 46 47 NS (Nuova Serie) - 21 novembre 2018 Mercoledì - S. Cecilia v. e m. - Pensiamo positivo -d1963: John Fritzgerald Kennedy assassinato a Dallas

N° 46 47 NS (Nuova Serie) Giovedì 22 novembre. Il Blog è rinato con una nuova serie, in quanto il 10 agosto 2018, con n° giornaliero 2714 (11 anni di attività), esso è stato azzerato da una infame azione di hackeraggio.

1963: John Fritzgerald Kennedy assassinato a Dallas
Detto di frati francescani: Meglio un presente -  che due futuri
Porfirione: Neque imbellem feroces progenerant aquilae columbam  Le focose aquile non generarono mai una pacifica colomba

Recordatio . Diari 1944 - Varianti occupazionali
..... Cambio tipo lavoro, dalla cucina sono trasferito al pastificio, lavoro in tre turni a rotazione, otto ore ognuno, Sabato compreso, più un paio d’ore di straordinari. Il reparto assegnato è all’ultimo piano dello stabilimento, ove sono i depositi di sfarinati, semole e le tramogge di rifornimento delle impastatrici. Ho il compito di ricevere i sacchi pieni dal piano stradale tramite una teleferica con comandi rudimentali, di immagazzinarli, controllarne tipo, qualità, giacenze, rifornire le macchine sottostanti, gestire il movimento delle tele, fare pulizia. I sacchi, del peso di 101 chili se italiani e 45 se americani, vanno movimentati, svuotati e scrollati entro le tramogge man mano che esse si svuotano. Devo conoscere i tipi dei prodotti dal tatto, odore, colore e cartellini. Maneggio i colli con un pesante carrello e soprattutto braccia e muscoli. La polvere delle farine mi penetra nelle cavità respiratorie e genera un leggero stato asmatico, per fortuna passeggero (ciò non riguarda solo me e c’è chi dice che questo inquinamento bronchiale sia una bazzecola confrontato con quello dei minatori in genere e delle cave di marmo in particolare). La sala di produzione è una bolgia operativa, sono attive sei macchine per la produzione a ciclo continuo e dieci presse idrauliche alte come una casa di tre piani, più impastatrici, gramole, raffinatrici, macchine per prodotti speciali, pulitrici, stampi di bronzo e altro. Seguono decine di cabine di essiccazione in parallelo che hanno di sopra ventilatori ruotanti. L’umidità impera e un tenue odore acido d’impasto è presente ovunque. Si lavora al massimo delle capacità. Le presse, salvo quelle ferme per manutenzione o riparazione, sono attive in tutti i turni. Si producono trecento e più quintali di pasta giornalieri. Il rumore è incredibile, non è possibile scambiare parole salvo il gridarle e sovente non basta nemmeno ciò. Anche se al costante fracasso si finisce per fare l’abitudine, rischiando di diventare un bel po’ sordi, al termine dei turni la testa ronza e si continua a parlare a voce elevata (questa forma di tono non mi ha abbandonato e i miei hanno sempre da rimproverarmi per come non sappia parlare a voce bassa). Il responsabile della produzione, il “capoccia”, figura di capo pastaio d’altri tempi, ordina il da fare dall’alto di un pulpito a colpi di fischietto, modulati secondo le operazioni da svolgere, come in marina. Al tutto si aggiunge la percussione di un mastodontico accumulatore di pressione, sito al piano terra, assieme ad un gemello di riserva, percepibile sia come boato cupo, sia per le vibrazioni trasmesse alle strutture del fabbricato. Il personale è numeroso, centinaia di operai fra pastai, spanditrici, asciugatori, confezionatrici, sorveglianti, facchini, meccanici, elettricisti, idraulici, addette alle pulizie. S’indossano tute o camici bianchi oltre a copricapo per gli uomini e caschi per le donne. Il calore e l’umidità sono ai livelli equatoriali. Comunque tutto si svolge ordinatamente. E’ poi da considerare che al termine di ogni turno ci sottoponiamo a potenti docce calde. Forse non sono stato mai tanto pulito in vita mia. Non dispongo più dei pranzi e facilitazioni della cucina, ad ogni modo il vitto distribuito è abbondante e le disponibilità casalinghe buone. Adotto inoltre, per poco, delle integrazioni alimentari che trovo già applicate dagli altri operai, sciolgo cioè un paio di manciate di semolino crudo nella minestra bollente, che allungo con acqua caldissima della nostra rete o col brodo della distribuzione. Forse il semolino non si cuocerà del tutto, però è accettabile Altro intervento è nel modellare con della pasta losanghe da schiacciare sulle tubazioni roventi; entro poco esse si distaccano e possono essere consumate poiché cotte o essiccate violentemente. Ne derivano grezzi cracker che comportano, fra l’altro, problemi intestinali. Fra l’impegno e il cibo di ogni genere che non manca ho un fisico invidiabile, sono soddisfatto e motivato. Comincio a fare programmi e intendo in primis completare gli studi interrotti nel 1944. Come aneddoto del periodo ricordo che un giorno, uscendo dal turno di lavoro notturno, trovo abbandonata sulla via Casilina una statua di Gesù crocefisso in grandezza naturale, senza la croce di legno. Giace sul bordo del marciapiede tale una vittima dei tempi in cui viviamo. L’ora è mattutina i passanti tirano via. Ritengo indecoroso che quel corpo si trovi fra polvere e spazzatura, allora, con difficoltà, me lo carico sulle spalle e lo porto in parrocchia, ove poi lo demoliranno perché troppo danneggiato internamente. Ne ho detto in Ragazzi di Portoria

Probabiliter Argentina I(forse era la scelta migliore)
..... Seconda metà 1944. La guerra al nord continua. A Roma sono già gli americani della V Armata del Generale Clark, mentre la città è gestita dal Colonnello Charles Poletti, factotum USA, che decide e comanda indipendentemente delle autorità civili.  Lo stabilimento ove lavoro, di proprietà vaticana, senza più colleganze e presidio Wermacht, è ora anche un centro di assistenza sociale e politica, visti i Top della Pontificia che lo frequentano e il suo Presidente, nipote del Papa regnante Pio XII. All’interno conoscono la mia posizione formativa, di studio, tendenze politiche, pur se inserito per ora nel settore operaio. Quanto al mio trascorso Wermacht non mi fanno pesare nulla, a differenza di qualche interno che vorrebbe farmi pagare chissà che e poi si calma. Nel frattempo, dato il momento delicato, ci invitano ad appoggiare la Democrazia Cristiana, unica barriera verso il comunismo imperante. Mi chiedono pure di aiutare un nucleo interno socialista, opposto al comunista (operazione finita male), nonché mi inseriscono in una iniziativa che si darà da fare per allontanare degli elementi italo  -  tedeschi con situazioni di pericolo, collegati, o collaboratori, o amici vaticani. Vista la proprietà del complesso, esso è, di fatto, un porto franco quanto al ricevere materie prime, grani pregiati, altro, con provenienza dal mondo occidentale prima e anche dall’orientale dopo, a differenza degli altri molini e pastifici che se la vedono solo con grani nostrani meno pregiati, distribuiti con parsimonia dai Consorzi Agrari di ammasso. Per me, oltre l’azione di altri più grandi e responsabili, pur diciotto – ventenne, collaborai più volte in qualcosa extra  -  lavoro di cui ho detto altrove, anche in conseguenza della fiducia per il precedente agire con RSI e Wermacht, e la serietà dimostrata con le mie idee. Così nel 1945, a guerra terminata, e dopo un piccolo intervento oltre le linee, sono convocato da un prelato elevato, che è di casa nella società, presente anche il mio direttore. Mi comunica, se io d’accordo, l’inserimento quale gregario in una specie di task  -  force che porterà degli esponenti del passato in lidi remoti. Non sono il responsabile ma un collaboratore di rilievo, tanto che partirò quasi subito con altri per la Sardegna, nostra base di espatri anomali. Il prelato aggiunge: ..."Qualche accenno le è stato già fatto, c’è che a noi necessiterebbero elementi da trasferire in America Latina, soprattutto Argentina, onde collaborare in alcuni centri di collegamento per chi invieremo in loco e per i connazionali già presenti, diciamo la metà della popolazione. A lei potremmo nominarla prefetto laico di XX, con un impegno di due, forse tre anni, poi rientrerà con adeguati riconoscimenti, sempre non decida restare in loco nel nostro ambito o per sua decisione. Non si esprima subito. Occorre una decisione convinta perché l’opera, almeno d’inizio, non scherzerà. Ovvio non ci saranno problemi di trattamento economico e generale" ... Come chiesto, non mi esprimo subito, pur se ho varie perplessità. Nello stesso periodo, preti a parte, sono avvicinato sia per un lavoro nella remota Australia, sia per l'arruolamento nella Legione straniera francese, entrambi non presi in considerazione, oltre poi da un centro semiocculto nero, non di preti però, ma camerati di prima. Per l’Argentina ne accenno in casa, anticipando i miei dubbi per non preoccuparli di una probabile partenza; oltretutto mia madre, che in passato non stette bene, è sempre in condizione di fragilità. Alfine decido di accantonare la proposta e torno dai superiori: … "Vi ringrazio ma ho deciso per il no, fermo ovviamente il mio impegno in sede o altrove; contate pure su me, espatriare però non lo ritengo possibile, la mia mamma non sta bene e gli prenderebbe un accidente se andassi all’altro capo del mondo, oltretutto con aerei inesistenti e le navi che impiegano venti giorni al tragitto.  Inoltre, con tutte le difficoltà del paese, mi parrebbe che voglia sottrarmi a dare una mano al riavvio e ricostruzione. Disponete pure di me per ogni cosa, ma nel Sud - America mandate altri. Ad esempio, e l’ho interpellato, c'è XX, nostro amico giovane e in gamba, ben disposto ad accettare (ciò sarà, e vi rimarrà per anni)" ...  Così l’opportunità di vita americana, per allora e probabilmente poi, si allontanò e non me ne pentii. In Italia inoltre furono numerose le mie applicazioni sia nel settore nero dei preti, sia quello nero, quello della Gioventù del Littorio, di cui dirò a parte. Entrambi coprirono buona parte dalla mia azione tesa al contrasto dei rossi, pur nella sua modestia, in aggiunta al lavoro operaio prima, impiegatizio poi, col seguito anche di gratificazioni economiche e lavorative non certo eclatanti, comunque mai pretese e richieste.

Consideratio
Il mondo cambia in tutto, anche nella lingue. Ho avuto una nipote che di recente ha subito un esame universitario di lingua inglese. Mi chiede una mano che intendo offrirgli ben volentieri, essendo oltretutto l'inglese una materia che a suo tempo presi molto seriamente e in parte ho anche usato nella vita pratica. Bene, l'esame non è orale ma scritto e io prendo visione del testo proposto l'anno antecedente. E qui viene il mio rammarico, le regole linguistiche saranno pur sempre le stesse, se non cambiate anch'esse, ma tre quarti dei vocaboli sono per me  ben poco comprensibili. La modernità evidentemente , compresa la vocaboleria informatica, mediatica, Social che fanno da padrone, hanno quasi creato un nuovo linguaggio e modo di esprimersi che hanno poco a vedere coi precedenti. Mia nipote ha sostenuto l'esame, ha avuto un bel voto, pesante invece la mancanza di una mia seria collaboraszione.

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