Wednesday, September 5, 2018

Settembre 05 - 2018 - Mercoledì - n - 2714 più 4 nuova serie - pensiamo positivo

Recordatio
Roma anno zero
........    Le finestre di casa sono molto in alto, irraggiungibili per me con qualsiasi sedia, figuriamoci col seggiolino che mio padre mi ha acquistato o costruito. Esse sono precedute da un gradino che utilizzo come sedile e tavolo per le mie molte occupazioni. Per quanto concerne i pasti ho a disposizione un seggiolone, tazze per il latte e minestrina, tovaglioli che dal collo scendono sulla pancia (bavaioli), qualche posata di piccole dimensioni. Vestitini particolari non li rammento, ne avrò avuti. Ho presenti invece i grembiulini e le culottes. Noi quattro, i genitori, mio fratello ed io, occupiamo una stanza di quella piccola casa composta di un'altra stanza più grande, di una cucina utilizzata anche come ingresso-tinello, e un ”cesso”. Siamo al secondo piano di un palazzo popolare con pianerottoli e scale strette, poco illuminate. Ho terrore del buio e le persone che incontro sono di scarsi complimenti, anche sgarbate. A volte mi aiuta a salire o scendere gli scalini, una signorina che abita accanto (Santina), e sono accettato, forse tollerato, nella casa di un anziano ciabattino, il Sor Pietro, al piano sottostante, ove lavora su un misero deschetto, che tutti chiamano “pecione" considerati i miracoli fatti per ridar vita a calzature più che usurate. Da una matura signora, amica di mia madre (Concetta), ricevo a volte qualche mandorla, o noce, o una caramella alla menta. I tempi delle gentilezze per noi bambini sono lontani. Il gabinetto, allora chiamato "cesso", è posto all'interno della nostra camera. Non posso chiamarlo bagno giacché vasca e bidet non ci sono, esistono solo un water e un minuscolo lavandino con un rubinetto da cui esce un filo d'acqua. E' un locale stretto e piccolo, illuminato fiocamente da una finestrina in alto senza vetri e di sera da una lampada rossastra. Data l'età, soddisfo le occorrenze in un vasetto arrangiandomi da solo o con l'aiuto della mamma; il tutto è così funzionale che non concepisca altro modo per fare pipì o popò, perché non lo usano tutti? Il nostro WC, uffa quanto ne parlo! anche se all'interno della stanza, costituisce pur sempre un miglioramento rispetto molte case del quartiere, che l’hanno in ballatoi esterni e in comune fra più famiglie. Considerato poi il numero dei presenti in casa e le loro esigenze ci sarà pur stato un bell’andirivieni, senza però me ne sia mai accorto. Per me è un locale misterioso di cui ho avuto sempre timore e dal quale mi tenevo lontano. E come dimenticare la volta che l'ho aperto trovandomi di fronte l’abbondante sedere della nonna? Per quanto abbia tentato di ricordare non mi sovviene ove dormissi; del trovarmi in letto con mia madre lo rammento, dell'utilizzo di altro lettino o culla la memoria non mi assiste, forse non li avrò avuti. Altre cose che rivedo in casa sono luci debolissime, una pignatta di miele che mi somministrano nelle colazioni e merende, posta su uno scaffale al di fuori delle mie incursioni, oltre cestini di fichi freschi provenienti dall'orto di mio padre, sistemati sotto il tavolo della cucina, che sono la disperazione delle mie manine appiccicose e la lingua rasposa per quelli mangiati con la buccia. Finora ho parlato di cose e fatti. Le persone la cui traccia è più viva le ho riservate per ultime onde potermi esprimere meglio. La presenza completa e appagante è per me quella di mia madre. Lei è me ed io sono lei, e per questo che non ne rammenterò in seguito, e con dispiacere, i lineamenti giovanili. La sento come persona talmente logica da memorizzarne solo le fattezze più recenti, quelle da anziana (ciò avviene in noi tutti, che perdiamo il ricordo dell’aspetto da bambini). A volte, osservando ritratti e foto, tento di immaginarla giovane e piena di vita, inutile! Tale aspetto mi sfugge e ho presente solo l’immagine debilitata dell'ultimo periodo avanzato negli anni. Di lei conservo ancor oggi la sensazione di un aroma particolare, non un profumo, impensabile per le famiglie operaie di allora, bensì un misto di pulito, bucato, fresco, e della sua persona, discreto e inconfondibile. Da mia madre ho acquisito una comunanza di animo e sicurezza che non mi ha più lasciato. Ho avuto con lei un rapporto di perenne affetto e, ciò che più conta, non ne ho un solo ricordo spiacevole. Gli sono grato per l'amore e la comprensione elargitemi, le preghiere insegnatemi, la disponibilità ad ascoltare i miei problemini, i suoi rari rimproveri, qualche sculaccione ricevuto e meritato. In questi primi anni, pur se non è bello ammetterlo, odio il sapone da bucato che si usa in casa anche per me (non l'acqua e il lavarmi). Quanto è repellente il sapone giallo o verde della mia infanzia, carico di sostanze caustiche e di odore nauseante col quale, oltre i panni, si lavano tutti, bambini compresi. A nulla vale l'invito che io stringa le palpebre, quando è usato su di me, penetra implacabile all’interno e attacca i miei occhi. E com’è viscido sulla pelle e penetrante il suo odore! Niente a vedere con quelli da toilette che useremo anni dopo. Quando poi ritengono sia sudicio più del solito, cosa frequente, mi puliscono sia col sapone, sia stropicciandomi con soda o pomice, usate allora in casa. Mio padre lo rammento meno, non sono nell'età in cui possa apprezzarne la persona e la presenza. Per me è un riferimento più da temere che amare. E' di scarsi complimenti, alquanto burbero, di mani facili. Di lui ho vaghi ricordi di fatica e lavoro. Saprò poi che è meccanico in una società ferroviaria e ha fatto degli studi tecnici. Lo vedo in casa di sera, a volte sobbarcato da canestri di verdura e frutta raccolte in un piccolo orto, distante un paio di chilometri, che egli e mia nonna coltivano assieme a orticultori circostanti. Solo in seguito compresi, in parte, il suo impegno affinché, nei limiti del possibile, non ci mancasse il necessario. A proposito del suo orto lo vedo scavare per giorni un pozzo profondo due - tre metri con piccone e badile, immerso nell'acqua fino all’inguine. A seguito di quel lavoro massacrante (e altri simili) subirà poi vari e perenni malanni. Sull'area dell'orto e di quelli circostanti, sita lateralmente al cimitero del Verano, passa oggi la Via Tiburtina raddoppiata, nonché sorgono edifici universitari e commerciali. Tutto è stato inglobato dalla città moderna. 

Probabiliter 
Lo squillo delle venti
(Fatti di cui ora si può dire. I miei capi Top sono nell'al di la)
Già, che è mai un telefono che squilla, specie oggi che essi, fissi, cellulari e cento altre diavolerie li hanno pure i gatti? Eppure un tempo il telefono fisso (dei cellulari nemmeno l’idea) non si trovava in tutte le case, anzi erano più quelle sprovviste. Nei miei anni di entusiasmo, magari poco razionale e responsabile, prima e dopo sposato, ho già detto che feci parte di un team coperto tendente al nero, sia di ex fascio sia di tonache (non sottovalutarle mai).Bene, ci furono parecchie missioni ove fui – fummo impiegati d’inizio come mano d’opera, magari qualificata, con altri gradi che decidevano e disponevano  interventi non sempre soft.  Il mio Superiore d’inizio, un intermediario in gamba, gestiva eccellentemente noi giovani di buona volontà, pregni di fede, passione e condivisione per il fare spicciativo, oltre di ex neri, di qualche ecclesiastico con le palle. Il mio lavoro era in una grossa industria alimentare di proprietà vaticana, non sorgevano quindi difficoltà per assentarsi in caso di impiego concordato, o richiesto da canali diversi, viste le commistioni plurime di interessi e persone.  Bene, per incarichi di più giorni non c’era problema, il nostro gruppetto, pochi e buoni, veniva preparato con calma, mentre per genitori e famiglie, secondo le età, o mogli agitate per i pochi sposati, le motivazioni erano di svolgere missioni organizzativo   -   commerciali, pur se esse ben capivano che nel tutto covava qualcosa di affatto chiaro. Tutto iniziò nel 1945  -  46 con uno sviluppo continuo, specie nei 60–70. In questo periodo si moltiplicarono incarichi che duravano spesso un solo giorno, un mordi e fuggi che non si doveva notare. Di norma, non sempre, era per presenza a cortei, manifestazioni, cerimonie, come supporter, controllo, contrasto, servizi ordine. Così ecco che alle venti, minuto più, minuto meno, squillava il telefono e giungeva la disposizione di essere pronti per un treno attorno la mezzanotte, terza classe, anonimato massimo, ciò con la consapevolezza che, salvo imprevisti, l’incarico si sarebbe stato ritorno in giornata o mattino successivo. A volte, che per imprevisti vari i giorni divenivano di più, niente albergo né ristoranti, solo soluzioni amiche o razioni tipo parà. Di alcuni interventi ne ho detto negli inserti del forum e in Ragazzi di Portoria. Ricordo che all’arrivo dello squillo delle venti mia moglie cambiava colore e io a inventarmi cose ormai vetuste circa una necessità societaria imprevista, con impatti che si sommarono a iosa e lei che più volte mi disse sarebbe stato meglio avessi sposato il Duce o il Papa, pur restando sempre la colonna di casa. Ritengo però si rendesse conto di avere un compagno di vita attivo per lui, gli altri e lei stessa, non come i tanti sprofondati dinanzi le TV che iniziavano a mostrarsi nelle case, o a pensare come unico scopo di vita ai soliti quattro P, Pallone, Pancia, Pensione, Pisella (scusate). Solo a conclusione c’è chi ci pone una quinta P, Pax eterna. Mi minacciò più volte di fare le valigie e andarsene (non le fece), affrontare il mio direttore, notoriamente dei nostri, e anche il Top esterno, lo chiamo Ceccarini, nome molto vicino all’effettivo, i cui interventi erano i più tosti per tutti. Col tempo le mansioni variarono e la mano d’opera, come l’ho definita, si trasferì ai più giovani mentre noi senior acquisimmo posizioni di maggior rilievo (raggiunsi le due e le tre stelle).
Infine i capi massimi, uno alla volta, se ne andarono, ci fu l’ondata brigatista, uccisero il presidente Moro e con questo evento eccomi in congedo, riposo, sonno, pur sempre guardingo per lo squillo delle venti. All’atto di scioglierci, almeno per il mio minigruppo (ignoro altri) ciascuno assunse l’impegno di ricordare in qualche forma e modo i nostri anni, uomini, le vicissitudini trascorse. Io scelsi d’inizio una linea d’incontri e un edit ruspante poi, con l’avvento informatico, di usare tale mezzo per cercare di far permanere tracce altrimenti ignorate (lo ripeto, con un paio di milioni e più di entrate nei miei blog e forum). Come linea fai da te  editoriale ho scritto e stampato più libri di cui almeno cinquecento sono stati distribuiti gratuitamente a parenti, amici, amici degli amici, conoscenti, vari. La fedeltà a una idea, a un principio, un uomo, si dimostra anche così e nel mio piccolo penso di aver mantenuto l’impegno assunto, così per gli amici nei canali di supporto da essi scelti. E’ passata una vita ma se dovessero telefonarmi alle venti, poco più, poco meno, riecco in me l’allarme e la traccia dell’allerta di cinquanta anni or sono.

Consideratio 
                      Non nattendersi appoggi di sorta
Ormai i 90 di mia moglie sono passati e la casa si è vuotata di parenti, amici, affini e, non bastassero, delle due candide cagnoline maltesi di mia figlia maggiore. E nel pour - parler delle tematiche affrontate ecco pure la cancellazione integrale del mio blog da parte di qualcuno privato o istituzionale per la qualemi ero illuso di ottenere un minimo di solidarietà dalle più che soddisfatte persone in qualche mido a me collegate. Te la sei cercata! Meno male che non t'abbiano arrestato! Che ti ha fatto mai questo Duce! Hai rotto per anni le balle a troppi, a tanti! Poi parlare di Hitler e nazi! Degli ebrei! Degli ariani! Esprimere dubbi su partigiani e resistenza! Interessarti a vangeli apocrifi e scritti di Lucifero|! Ben fatto come è stato, te lo sei meritato! per chiudere l'ingrato dire avrei dovuto fare ammenda e chiedere scusa e perdono a tutti e in tutto! Giammai e poi giammai! Haì la venalità che ti ha sempre pervaso o popolo italiano nella tua ondivaga considerazione di uomini e di tempi!!
Settembre 06 - 2018 - Giovedì - n° 2714 più 5 nuova serie - pensiamo positivo.
Recordatio
Roma, i miei primordi  
Anche di mio fratello, cinque anni di più, ho scarsi ricordi. Lo sento poco amico come si può desiderare all'età di due - tre anni; all'epoca sono troppo piccolo per lui e lui troppo grande per me. Lo rammento comunque col grembiule blu e il fiocco della scuola, con i calzoncini neri, il vestito e il berretto da marinaio, in divisa da balilla, nonché impegnato in baruffe fra bambini per difendere me e in qualche scontro fra noi due ove, per ovvii motivi di età, sono destinato ad avere la peggio. Comunque è il mio protettore dalle angherie dei più grandicelli ed io, purtroppo, non gli porto riconoscenza poiché quello che fa rientra per me nei compiti istituzionali del fratello grande, similmente a quelli dei genitori e adulti della famiglia. Devo aggiungere che nella casa, oltre i nonni, vivono due - tre zie e, a volte, uno zio. Dove dormano non so e di loro mi sovviene poco, salvo l'affetto dimostratomi dalla zia maggiore e l’indifferenza delle altre due. Mio nonno è anziano, senza pensione come quasi tutti i vecchi ultrasessantenni di allora, scontroso ma simpatico. Parla di rado, rientra la sera, sovente alticcio, dopo aver mangiato qualcosa in una vicina osteria che considera il suo rifugio. Lo valutano poco, guadagna qualcosa gestendo nel quartiere un banchetto per la vendita di dolcetti per bambini (è la figura del "nonnetto", oggi scomparsa). Io ne approfitto per farmi regalare cioccolatini marca Duomo avvolti in carta rossa, bruscolini e altre leccornie. In precedenza egli conduceva una delle postazioni per piccoli servizi ai viaggiatori, allora numerose alla Stazione Termini. La nonna, massiccia, bassa ma non grassa, decisa e di modi spicci, è una burbera-buona che considera mio padre, non mio nonno, il capo della famiglia. Eppure il nonno ha i suoi lati positivi, sia pur poco palesi. Lo capirò in seguito rammentando:
- i discorsi sui suoi papà e nonno, cioè dcdei miei miei bis e tris avi, che in Anagni avevano un po’ di pecore, capre, terra e gestivano un piccolo molino a pietra, cose che nella metà del  1800 stavano a significare un certo benessere; - il rammarico dell’essersi fatto attrarre, come tanti altri, dall’urbanizzazione della grande Roma quirinalizia, monarchica e post-unitaria;
- la fissazione che la sua stirpe, cioè lui, i suoi, romana d’origine, fosse qualcosa di sostanzialmente importante e indefinibilmente nobile; guai a contestarlo in ciò. Egli, infatti, sulla fine del 1800, fece redigere due alberi genealogici dettagliati della famiglia sua e di mia nonna, che gli costarono varie decine di lire d’allora, un capitale, incaricando a ciò uno dei notai anagnini autorizzati a consultare i registri vescovili e civili, rimasti integri per nove – dieci secoli, visto che Anagni fu coinvolta blandamente nelle invasioni barbariche.Del suo albero ricordo la presenza di nobilastri nell’entourage del Papa, la loro provenienza da Roma, il trasferimento in Anagni con Bonifacio VIII e poi, per altri, anche ad Avignone, sempre al seguito del Papa. Grazie a questa provenienza romana di secoli prima guai a dirgli di essere un ciociaro frusinate! Non svalutava Anagni ma si considerava più romano degli ebrei. Quello di mia nonna lo rammento meno pur se il suo cognome, simile a un piccolo centro dell’Emilia Romagna, mi ha fatto pensare, forse errando, a qualche antenato ebraico ivi trasferito dal Papa, magari convertito. Purtroppo questi due poster si sono dispersi col bombardamento del luglio 1943 e a nulla sono valse le ricerche per rintracciarli. Forse si sono smarriti con l’andirivieni dei vigili del fuoco, UNPA (Unione Nazionale Proteziome antiaerea) militari, negli appartamenti vuoti nell’ala pericolante del palazzo, adiacente quella colpita e distrutta sia come materiale edilizio, sia come la biblica erodiaca  strage degli innocenti

Probabiliter et Consideratio

Chiusura “Ragazzi di Portoria”

Il libro è terminato e ciò m’impone una riflessione. Dal punto di vista personale, non pubblico (ma c’era differenza allora?) E’ stato giusto il mio entusiasmo per il Duce, il fascismo, la sua dottrina, idee, alleanze, opere, oltre i tanti errori? Non è facile rispondere. Il giudizio ritengo debba riferirsi a tre periodi. Il primo concerne la mia infanzia e giovinezza sino al 1940, collegato ai balilla, Patria, Italia, che allora costituivano cosa unica. Potrei aggiungervi figure a Lui suppletive, Ciano che ne sposò la figlia, il Fuhrer tedesco, un re piccolo la cui funzione non mi spiegavo, e il Papa che pensavo fosse il Duce dei preti. Furono anni di certezze, studi severi, famiglie numerose, indigenza, oggi sarebbe povertà. Arrivarono nel trentotto le leggi antiebraiche, capite poco dal popolino e da me infante, scopiazzate da quelle dei tedeschi che in merito si comportarono con estrema infamia, comunque con problemi diversi visto che per quanto ci riguarda, di ebrei, italiani ne avevamo in tutto cinquanta  -  sessantamila e non milioni come loro e paesi viciniori. Il secondo periodo lo coincido con l’inizio della guerra per la quale trovai irrazionalmente una miriade di plausibili motivazioni. Tutto finì come finì e fummo coinvolti in una realtà tragica.,Via il Duce, via il Fascismo, via la G.I.L., via la guerra, via l’alleanza con la Germania, via il re da Roma, risorge un Mussolini non più fondatore dell’impero con uno stato repubblicano anomalo, rivoluzionario. L’Italia divenne una grande mezzadria, metà monarchica, metà repubblicana; metà coi fascisti, metà coi badogliani, metà pseudo democratica, metà nazifascista; metà al sud, metà al nord, E’ da allora che iniziò lo sfascio che oggi ci preoccupa. Di positivo c’era che una delle due avrebbe finalmente vinta una guerra con una parte o l’altra, come fanno oggi i democristiani nel centro  -  sinistra e centrodestra fregandoli entrambi.,Arrivò poi la divisione fra chi scelse la RSI, chi la resistenza, chi il re, i più niente di niente. Questa fu la realtà affrontata da un giovane che concepiva il mondo o bianco o nero, senza sfumature, e dovendo fare una scelta ritenne di seguire il Duce. Così decisi di far qualcosa per lui, nella convinzione che la guerra fosse persa anche per la Repubblica del Nord. Che poi io sia finito come ausiliario nella Wehrmacht è un caso della vita. Giunse la fine definitiva. Il Duce ammazzato, altrettanto i suoi seguaci e un mare di fascisti e pseudo  -  tali, coi tribunali del popolo senza appelli, gli slavi, con la delinquenza politica, comune. Passo al terzo periodo, un dopoguerra duro e una difficile militanza diversa, rivolta per lo più a bloccare i social  -  comunisti di sempre e aiutare pochi disperati in difficoltà, soprattutto ex Repubblica Sociale. Il resto è vita di ieri, di oggi. Ovvio che nel tempo abbia variato il modo di valutare gli ideali della giovinezza, sia pure non sostanzialmente. Sono cambiati tempi, uomini, mete. Direi che il mondo d’oggi non è più quello d’una volta.  Al quesito che mi sono posto non ho dato però una risposta. Cioè furono il fascismo e l’opera del Duce positivi per il paese? Potrei contestare loro mille cose non perfette, prepotenze, violenze, diritti non riconosciuti, anche se non ignorati del tutto contrariamente a quanto si ritenga. Non escludo però le tante opere, idee, dottrine, leggi ben fatte e applicate che hanno lasciato traccia profonda nel dopoguerra, nei tempi successivi, e ancora oggi. In conclusione il mio giudizio, da quello dogmatico del primo balilla si manterrà per il futuro, malgrado ombre pesanti “alquanto” positivo, criticamente positivo insomma. Sono certo che se il fascismo non fosse caduto le sue carenze sarebbero state corrette e i suoi indirizzi avrebbero potuto continuare a indirizzare la nostra vita nazionale. Concludo dicendo che in me non può essere cancellato l’imprinting che acquisii col Duce e il Fascismo. Il mio inconscio racchiude le esperienze recenti e remote, mie e di altri. Sono sempre pronto sia a riconoscerne errori, sia al confrontarmi sulle positività. Il pensiero del Duce, di Hegel, dello Stato Etico, di Gentile, Croce, non mi hanno lasciato e ringrazio il fato di avermi data l’opportunità di trovarmi nei tempi in cui ho vissuto. Il libro termina anche perché la mia giovinezza anagrafica è trascorsa da un pezzo, non quella interna, mi sembra ieri quando parlo di “allora”, stupendomi che continui ad essere così attuale. Quanto alle opere nate per lasciare una traccia del tempo, più che di me, ho cercato di essere il più obiettivo possibile. L’ho detto più volte, i fatti, persone, eventi da me esposti hanno sempre una base di realtà, più concreta per vicende personali, più sfumata per le altre. Devono essermi tollerate, accettate, le varianti, sintesi, deduzioni ritenute opportune avendo fatto lavorare oltretutto solo memoria e fantasia. Non ho inteso trasmettere un diario consueto, sovente formale e banale, quanto sensazioni ed emozioni su chi incontrai, sul Duce, gli eventi di allora.E’ così che dopo Fiaccole di Gioventù è nato questo testo, Ragazzi di Portoria, impegnato maggiormente sul periodo successivo al crollo italico, almeno per me. Seguirà un terzo che completerà il Trittico della Memoria. Penso di aver mantenuta la promessa fatta a me stesso e ai precedenti amici di parlare a cuore aperto del Duce, anche esprimendo dubbi, oltre che lodi e riconoscimenti. Non nascondo la soddisfazione di avere compiuto un excursus nei miei anni giovanili e successivi che, in verità, non avrei sognato di affrontare se non avessi iniziato a scrivere qualcosa su sollecitazione di un bel po’ di giovani, raggruppando la fatica in Fiaccole di Gioventù ed a seguire gli altri del Trittico. Il loro appoggio e sprone mi hanno spinto a continuare. Complice così un team di ragazzi entusiasti, Gorrini che col suo inserto ha incentivato i successivi, è nata quest’opera dedicata al Duce,, ai suoi uomini, positività e negatività, nonché il prossimo “Diario”, d’impostazione particolare

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