Monday, December 3, 2018

n. 59 NS (NuoSerie) - Martedì 4 dicembre 2018 -Santa Barbara m. - Pensiamo positivo -

N° 59 NS (Nuova Serie) Martedì 4 dicembre. Il Blog è rinato con una nuova serie, in quanto il 10 agosto 2018, n° giornaliero 2714 (11 anni di attività), è stato azzerato da una infame azione di hackeraggio.

1875: Nasce il poeta tedesco Reiner Maria Rilke
Detto francescano:Non per Eva soltanto - l'albero del saper produce pianto
Ricorre Santa Barbara, protettrice della marina, artiglieri, vigili del fuoco ..... Martirizzata per cristianesimo il padre, im base al diritto romano, chiese e ottenne di decapitare lui la figlia.

Recordatio Diari 1945 - 1946
Torna da Dachau il mio amico Professore, è l’ombra di se stesso, ma alfine l’ha scampata. Finisce il 1945 e inizia il 1946. Natale e capo d’anno questa volta sono sereni, con i primi accenni di speranza e di benessere, in verità ancora molto blandi. In casa siamo tranquilli e in buona salute, pur se mio fratello è militare e sarà presto trasferito in Sicilia, ove si svolge una lotta contro il banditismo, il separatismo, la mafia. Mia madre,che aveva sofferto come salute nell’ultimo periodo sta meglio ed io cerco di starle vicino e darle più affetto, pur se ritengo di non avere mai compreso i suoi problemi e di essermi comportato come i soliti figli maschi, che apprezzano i genitori quando non ci sono più. Pure il carattere di mio padre, che ebbe problemi con lei e me, è alquanto migliorato; di certo è più tranquillo, anche economicamente. In senso più generale siamo tutti coscienti dei problemi passati e di quelli di ricostruzione, morali, di difficile concordia nazionale. E’ importante però che l’intendimento per affrontarli ci sia. Ci attendiamo un futuro di sviluppo, lavoro ed io mi auguro di avere più tempo da dedicare alla mia vita privata.Inizia il 1946 e il mio ritmo resta impegnato e sovraccarico. Lavoro, studio, impegni politici, amici, ragazze, mi occupano e riducono il tempo da utilizzare solo per me, il relax, i pensieri, il mio da fare. Il lavoro prosegue con soddisfazione pur se cominciamo ad accorgerci che le paghe sono basse e l’impegno è elevato. In famiglia stiamo sempre meglio; preciso però che il benessere di allora non può confrontarsi con l’odierno. Mio fratello è militare in Sicilia Non si sa quale sia il confine, se c’è, tra la delinquenza mafiosa, la comune, il secessionismo di Finocchiaro-Aprile o l’intendimento di aggregarsi come federati agli USA. I nostri soldati devono guardarsi da attacchi di chi usa canne mozze, agguati, attacchi alle spalle, cianuro. Il tutto in un regime di omertà e impunità. Inutile dire che essi non possano risolvere nulla, salvo svolgere un servizio generico di presidio, o modesti interventi configurabili come operazioni di polizia. Una volta poi ritirati i militari nell’isola si seguiterà per decenni, e ancor oggi, ad accoppare gente, taglieggiare imprenditori, sfidare lo Stato, compiere soprusi, regolari conti remoti e recenti.  E cosa dovrebbero o potrebbero far mai gli isolani considerando l’assenza dello Stato, le infiltrazioni nelle istituzioni e la sistematica eliminazione dei collaboratori delle autorità, estesa anche a parenti e amici? Non esiste obbligo di immolarsi in uno scontro fra incompatibili modi di agire e pensare. Dovevano pur prevederlo gli sprovveduti Garibaldi e piemontesi quando pensarono di realizzare l’annessione dell’isola al carrozzone della nascente Italia, che più disunita non poteva nascere allora e tale restare.
In seguito mio fratello sarà congedato, rientrerà e riprenderà il suo impiego. Anch’io cerco di rientrare all’INA, però si rivela impossibile in quanto stanno tornando gli impiegati dal militare, prigionia, internamento; per noi giovanissimi non è tempo di assunzioni o riassunzioni.  Comunque non ne faccio un cruccio, nell’attuale società mi trovo bene e mi è stata rinnovata la promessa del passaggio in amministrazione appena svolto il servizio militare. Passo qualche preoccupazione quando apprendo dalla stampa che negli uffici dell’ex federazione fascista di Milano sono stati trovati gli archivi degli aderenti al partito, compresi i registri e le posizioni di quelli romani ove dovrei figurare fra i primi iscritti e esserci qualche traccia del mio passaggio dalla RSI alla sussistenza germanica. E’ possibile che con leggerezza non siano state distrutte le carte come fatto sempre dai tedeschi i quali prima di allontanarsi bruciavano montagne di documenti? E ora, con l’aria giacobina che tira, quante persone saranno nei guai? Io comunque non avrò fastidi (ci saranno poi). L’indecisione di polizia e inquirenti, dubbiosi sull’agire, evita a me e altri di subire conseguenze. L’aria nuova di questo dopoguerra spira anche nella Società. Con tempi di realizzazione brevi, su progetto e macchinari della società svizzera Buhler, la maggiore nel settore molini in campo europeo, forse mondiale, e con capitali vaticani, rinasce il molino distrutto nel bombardamento del 1943. Il nuovo complesso può lavorare duemilacinquecento quintali di grani teneri e duri nelle ventiquattro ore ed è all’avanguardia sia tecnica sia architettonica. E’ un grattacielo di undici piani industriali, pari a venti e oltre civili, col trasporto pneumatico di grani e prodotti, fornito dei macchinari più moderni; esso è illustrato in pubblicazioni tecniche e di architettura. Pure la stampa e i cinegiornali s’interessano all’evento. Alla cerimonia dell’inaugurazione sono presenti membri del governo, esponenti della Santa Sede, rappresentanti dell’ambasciata americana, il sindaco di Roma, il presidente della società e altri esponenti di rilievo. Il direttore generale nel suo indirizzo ricorda i morti del 1943 nella distruzione del precedente complesso, sito in un’area distante un centinaio di metri (vi sorgerà il biscottificio) e illustra il piano di sviluppo che prevede l’aggiornamento e potenziamento del pastificio, il cui fabbricato fu progettato da uno dei più noti architetti anni venti, la costruzione di una sede direzionale, nonché e di uno stabilimento per la produzione di biscotteria e prodotti da forno, in sostituzione del gallettificio, adattato a biscottificio. Il molino militare concesso in sostituzione di quello distrutto, è reso all’esercito. Il personale distaccato rientra in Sede.


Probabiliter  La vita ricomincia 
E’ il 1944. A Roma ci sono gli americani e la guerra de noi è in corso, pur se in fase di stanca. Le vere battaglie sono ora in Normandia. Da noi la situazione si sta normalizzando, la luce pubblica è tornata, malgrado le interruzioni, nei bar cominciano ad esibirsi modeste orchestrine che suonano motivi USA, oltre Luna Rossa, Io te Quiero, Besame Mucho. In uno di questi suona e canta un amico che farà il militare con me, Sandro Ciotti, in futuro il noto commentatore sportivo radio   -   televisivo dalla voce roca. Nella grande scuola di via Satrico, quartiere  Latino   -   Metronio, già sede GIL e Fascio di zona, ora occupata in parte dai comunisti, c’è un grande giardino e un piano rialzato, già impiegati per le adunate dei balilla e i saggi di educazione fisica. I compagni rossi in quel periodo vi organizzano seratine danzanti niente male, se rapportate al momento e alla modestia della vita in corso. C’è qualche lampada in più, anche colorata, un’orchestrina, tavoli ove si beve birra, Chinotto Neri e Coca Cola, arrivata questa con gli americani e promossa da tutti a bevanda nazionale, loro compresi. Ho diciotto anni. Frequento già dall’estate una rigida scuola serale con mille difficoltà secondarie, libri che non si trovano, trasporti difficili, orari di lavoro, costi elevati, luce sostituita spesso con candele, lumi a petrolio, batterie d’auto. Siamo una ventina di adulti equamente ripartiti fra maschi e femmine, fra cui due sorelle che già frequentavano la mia scuola. Loro abitano quasi di fronte l’istituto e ci parlano delle serate danzanti lì organizzate, di norma il Sabato e la Domenica, che cominciamo man mano a frequentare in gruppo. Prima si andava al “Gatto Rosso” in via Labicana, o alla sala Pichetti in Piazza dell’Esedra, ma si trattava di locali chiusi, limitati, mentre in via Satrico siamo all’aperto, al fresco, c’è spazio a volontà. Così diveniamo assidui della ex sede GIL, con la variante che si trovano in più parti stendardi rossi e ritratti di Stalin, anziché bandiere tricolori e gagliardetti. Più o meno abbiamo tutti e tutte il partner di riferimento, senza che ciò comporti legami eccessivi. Conoscerò così una libera amica, Lidia, la quale di pregi fisici ne ha parecchi, sufficienti quelli di istruzione, carenti i politici, almeno per me. Mi dimostra simpatia soprattutto perché è certa di convincermi, anche con armi “subdole”, della giustezza della sua dottrina. Quante discussioni di fronte a birra o Coca! Lei cerca di convertire me, io cerco di non fare nulla in quanto non è proprio il momento di tentare alcunché. Poi in qualche giro di danza, meglio dire mia scuola di danza, lei mi stringe comunisticamente in modo tale da doverla invitare più volte a non esagerare, per non crearmi problemi e non mettermi troppo in difficoltà. Tutto fila in questa libera amicizia (non è libero amore, questo col carattere latino non arriverà affatto). Poi nella sezione comunista, con Lidia nello staff, si inventano una mini   -   riconciliazione fra rossi e neri, dimenticando che, sino a pochi mesi orsono, neri lo erano tutti. Lidia m’invita a intervenire come se la cerimonia l’avessero organizzata per me. Ci vado e altro che riconciliazione trovo! Tutto si svolge nel copione di un processo sovietico ai loro dissidenti.Ai pochi pseudo ex   -   fascisti presenti, veri o presunti, è concessa una ridicola autodifesa, col riconoscimento di essere stati fuorviati ma che loro, i comunisti, nella loro magnanimità, li avrebbero accolti fraternamente nel partito. Le serate proseguono sotto lo sguardo di Marx, Lenin e Stalin. Nell’inverno esse si svolgono anche al chiuso della palestra abbandonata (ginnastica? basta, materia fascista!) e s’avvicina la primavera 45, mentre le cose al nord si mettono male per la Repubblica Sociale. Alcuni di noi, me compreso, si danno da fare nel periodo per qualcosa di incompatibile con falce e martello, l’avessero saputo l’avrei pagata cara. I rossi organizzano poi riunioni sul futuro assetto italiano che, grazie ai compagni del Nord, sarà una gran sorpresa per i padroni, i preti, gli americani. Discutono pure su “lezioni” da dare a qualcuno dei vecchi tempi, cioè legnate e pugni se va’ bene. Lidia fa parte di questi incontri e, a volte, me ne parla, così sono in grado di mettere in guardia qualcuno da questi atti di teppismo. La sezione comunista diverrà poi, tramite un amico tipografo che fa qualche lavoretto per loro, la fornitrice occulta di carta per ciclostile e tubi d’inchiostro per la nostra minitipografia clandestina, ove stampiamo rustici manifestini e locandine nell’ambito del modesto programma delle prime SAR da noi create, Squadre Azione Repubblicane, delle quali ne hanno detto anche i rossi con intenzioni dure, senza immaginare che uno degli esponenti, diciamo il Capo, è  a ballare da loro e fila con una compagna (rischiando grosso lui e lei). Circa carta e inchiostro non mi creo problemi, si tratta di materiale già del fascio, cioè nostro sequestrato da loro, quindi se in parte ce lo riprendiamo nessuno scrupolo, ciò non mi cruccia.  Si avvicina la fine del mese, l’ambiente non fa più per me. Loro divengono tracotanti, violenti: …”Lidia, non torno, inutile che pensi di farmi cambiare idea anche se, dato il momento, sarebbe la cosa migliore; si, c’è stata fra noi  amicizia e di più, conserviamola.   Mi dispiace, resta se vuoi con le tue idee e cerca uno che la pensi come te. Pochi giorni ancora e il Duce non sarà più con noi. I comunisti, tutti fascisti dell’altro ieri, organizzeranno una serata speciale per la caduta della Repubblica Sociale e la sua fine. Meschini e gretti erano allora e non sono cambiati. Tali sono sempre dopo più di settanta anni.

  Consideratio - Pecore e lana
In TV ho visto un bel programma su greggi, pecore, agnelli sia nostrani sia ancora molto di più,  di paesi mitteleuropei. asiatici, africani. Così un immenso mondo nomade  si è mostrato nelle sue particolarità, durezze di vita, impegno, lavoro il quale, immemore del tempo, è simile ai pastorale di centinaia di migliaia di anni or sono  quando faticosamente l'homo sapiens attirò a se i primi ovini e i primi canidi. La pecora chiede poco e, oltre la sua bontà e amicizia, da tutto, carne, latte, lana e pazienza se, pur difficilmente, qualcuna venga divorata dai lupi, anche essi bestie magnifiche e necessarie all'equilibrio della natura, che devono pur sopravvivere con le loro femmine e cuccioli. Desidero però accennare a uno status da matti, da incoscienti, da incompetenti, non so quanto colpevoli, cioè le montagne di lana comune provenienti dalla loro tosatura non sono più da noi utilizzate, salvo frange insignificanti per nicchie nomadi, montanare o altre e sempre non si tratti di lane speciali tipo cashmire e similari col loro mercato di alta élite. Così eccoci a preferire tessuti con filati  plastici colorati artificialmente, a sostituire in toto i classici materassi di lana, una volta gli oggetti più importanti nelle cse di tono, con le più strane schiume di lattici vari di dubbia composizione, così per tappeti, biancherie, vestiti, soprabili, tutto o quasi proveniente direttamente o indirettamente dall'ostico petrolio, decidendo colpevolmente che la lana elargitaci Padreterno o natura per scopi ben precisi, venga oggi materialmente buttata via, a magazzini interi, considerandola nientedimeno che rifiuto speciale, con problemi anche per lo smaltimento. Se ciò non sia stato uno scherzo della TV, ma purtroppo non lo è, siamo veramente prossimi a un infausto capolinea.


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2 comments:

rugiada said...

Buongiorno Francesco. Roberto. Ariel e tutti.
Ricordo le partite commentate da Sandro Ciotti il suo vocione roco, ma che cantasse questo non lo avevo mai sentito.
Peccato per la lana non utilizzata, i giovani potrebbero riscoprirla e utilizzarla visto che in Sardegna gli ovini non mancano creerebbe lavoro.
Buona giornata a tutti.

Francesco said...

Ciao Mary'S, scusa il ritardo ma a volte i miei tempi disponibili sono imprevedibili. Sandro Ciotti iniziò giovanissimo (è della mia età) a canticchiare in un bar sito nelle prossimità della mia scuola Enrico Toti, a fianco di Piazza Lodi. Era lui a intonare l'Io te quiero della mia gioventù. Poi fortunastamente prese la via calcistica, non tanto presto però. Circa la lana non più utilizzata sono arrabbiatissimo col mondo intero e insulso di oggi, con tutti indistintamente, me stesso in primis. Ciao