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1895: Conrad Rontgen scopre i raggi X
Detto di frati: Strani avvenimenti, giovani di centanni e vecchi di venti
Recordatio Diario 44 - La svolta - Tedeschi out, americani “in”
Sui generis - Anche il 1944 sarà un anno duro e intenso, lo
passerò metà con tedeschi e fascisti, metà con americani e inglesi in una
sequenza di eventi che mi lasciano interdetto per la rapidità del succedersi, e
mettono in crisi le mie capacità di comprensione e giudizio. Infatti, per i
primi sei mesi sono cittadino della repubblica del Duce, e per gli altri torno
ad essere suddito dei Savoia. Senza considerare il trovarci sotto i tedeschi
prima e americani poi.. Questa parte tratta il periodo Gennaio - Giugno 1944, pur con sprazzi 1943, trascorso
con l’occupazione germanica. La seguente tratterà degli alleati a Roma e
tedeschi - fascisti al nord. Il 1943 è appena finito con tutti i suoi
problemi, di cui molti solo rinviati. In Gennaio imperversano un freddo rigido, la
mancanza del cibo, le incursioni aeree volte a colpire ogni veicolo si muova
nell’ambito della periferia romana. In gennaio la razione di pane giornaliera, già
ridotta a 125 grammi,
scende a 100 grammi,
poi a settanta di pane abbrustolito. C’è da morire d’inedia. E’ dall’ultimo
trimestre 1943 che vaghiamo alla ricerca di qualcosa e ci arrangiamo in ogni
modo. Il vitto è l’unica necessità del momento, tutte le altre possono essere
rinviate (pur di mangiare siamo disposti a tutto, ho così conferma dei primi
studi sulla scala di priorità dei bisogni umani). Mio padre trova modo di
acquistare piccole quantità di farina di sorgo, usata da qualche popolazione
abissina. Le focacce che ne ricava sono di colore rosso - cupo, si sbriciolano
ed hanno un sapore impossibile per i nostri palati. Trova poi una strana farina Buitoni, la
“Vegetina”, sempre in modeste quantità, con cui prepara delle focacce migliori,
sempre ai limiti della sopportazione. Mi chiedo da cosa sia composto questo
prodotto giacché grano, cereali, legumi sono rigidamente tesserati. Tento con amici di farne l’analisi nel
laboratorio della mia ex scuola (che tenta di condurre un anno scolastico
sconquassato) con la collaborazione di un professore amico, ma non riusciamo a
combinare nulla, pare ci siano farine di qualche seme poco noto da noi, tracce
di leguminose, veccia, fibre di cereali e farina trattata di castagne e ghiande
selvatiche. Riusciamo pure ad acquistare un sacchetto di
fichi secchi un po’ tarlati e uno di lupini che mettiamo a bagno in un grosso
catino per renderli commestibili. Il risultato è che ho problemi intestinali
per i fichi mangiati in più, oltre il poco giornaliero assegnato da mio padre,
mentre per i lupini ne consumo buona parte ai limiti della commestibilità, con
l’alibi di controllare se il sapore abbia raggiunto livelli accettabili di
gradevolezza. Per il cibo parlo di mio padre e non mia
madre, che pur si dedica alla routine giornaliera, giacché lui si è impegnato a
risolvere le emergenze della mancanza di materie primarie. Egli comunque ha sempre provveduto, anche nel
passato, a fare le spese mensili per pasta, farina, conserve, olio, zucchero e
altro, rifornendosi nel magazzino della Provvida, la Coop di allora, presente nello
scalo Tiburtino (come dimenticare gli spaghetti Garofalo in pacchi azzurri, le
conserve di pomodoro e marmellate Pasquino, i pessimi formaggini “Duomo”, le
marmellate “Baratti”, il pessimo formaggio fuso in cassettine di legno?). Io trovo delle bustine di polveri, Bertolini
o simili, con le quali produciamo l’olio autarchico e sostituiamo le uova
(oliolì, ovolina) con risultati ovviamente penosi. Sono basate sul potere
agglutinante dei semi delle carrube mangiate dai cavalli e da noi ragazzi. Noi,
oltre a comprarne, pur si trovino, le sottraiamo proprio a essi nei sacchetti
appesi ai carri da trasporto. Ci rivolgiamo pure, mio tramite, alla mensa
San Pietro che il Vaticano ha aperto nella parrocchia di Ognissanti, in via
Appia ove, in alcuni giorni della settimana, distribuiscono un po’ di minestra
scadente che porto a casa. Lavoro nulla. Tiriamo avanti con lo stipendio di mio
padre e rimanenze della liquidazione INA. In casa non sanno però che partirò a
giorni volontario con la
Repubblica del nord. Per i soldi sono al verde e a volte, spinto dalla necessità, metto le mani su qualche lira di mio
padre, poca cosa. Non l’abbia mai fatto! Non dico che succede
quando se ne avvede! Così mi propongo che in un futuro ai miei figli, se ne
avrò, darò sempre qualcosa di ricorrente, evitandogli i miei impatti. ...........
Probabiliter Una Pasqua "forse" non opulenta, ma da ricordare.
Mi riferisco
all’angolo mentale in cui è annidata la mia Pasqua 1944, quella di un anno
particolare, momento difficoltoso, genti variegate pur nella comunanza di fede. Il mio status è che
sono nel Corpo di Commissariato Wermacht e dalla Caserma Bianchi in via
Nomentana sono stato trasferito nel presidio di uno stabilimento che sforna
gallette e gallettoni per militari e pasta per militari e civili. Non è in atto
però alcun sequestro, è una base di rifornimento specie per i fronti di Anzio e
Cassino, inoltre la nostra presenza era stata sollecitata dal Vaticano,
proprietario della fabbrica, onde evitare possibili assalti da parte di frotte
affamate. Già ho detto che
sono con i tedeschi, e non mi dispiace, per un’imbecillata della Milizia che
alla vigilia della nostra partenza per un volontariato col Duce (i miei amici
andranno, io no) mi arrestò quale diffusore di stampa comunista per un opuscolo
venuto per caso in mio possesso. Alle Fosse
Ardeatine, ove da una diecina di giorni giacciono le trecentocinquanta vittime
della rappresaglia di Kappler per i gendarmi altoatesini uccisi in via Rasella
dai partigiani, potevo finire anch’io, giacché poco sarebbe valso sia l’essere
un diciassettenne, sia per un impensabile declassamento di quanto imputatomi
(in strada morirono anche dei civili, compreso un ragazzino di cui riporto in
calce la foto). A tirarmi fuori dalle grinfie repubblichine, con mia approvazione, ci
pensò un sottufficiale germanico della Polizei, poi mio amico, presente nel
comando di via Brenta ove ero stato rinchiuso, che mi fece inserire nei loro
reparti, sottraendomi ad ogni azione degli ottusi italici. Stop dell’excursus
personale e torniamo alla festività. Quest’anno è Pasqua
lunga poiché giunge il 9 aprile, non in marzo come altre volte. Io, essendo basato a
Roma, mi divido equamente, se possibile, fra il presidio di via Casilina, la
caserma Bianchi, la Centrale
tedesca in Corso d’Italia e la nostra casa, ove non faccio notare riferimenti
militari, specie se tedeschi, rischiando altrimenti di brutto assieme ai miei.
Così ecco la Domenica
delle Palme, il Giovedì dei sepolcri, il Venerdì del dolore e lo scampanio
discreto annunciante la resurrezione di Gesù. La mia mamma ha portato in chiesa
i suoi vasi con i lunghi germogli bianchi di veccia, sviluppati al buio sotto
il letto, ha preparato qualcosa per il magro pranzo pasquale e un prete
spicciativo ha benedetto la casa, tutto qui. Oltre a essere io semi – assente
c’è che manca pure mio fratello il quale, dopo il mio arresto, si è trasferito
da nostri parenti. La gente romana, visti i pericoli del momento, è divenuta di
colpo religiosa praticante, le chiese sono strapiene e i parroci e vice si
danno da fare in cento modi. La Pasqua non la passai in
casa. Ci fu una cerimonia in caserma condotta da un pastore luterano che si
rivolse a tutti, evangelici e cattolici, distribuì una comunione ecumenica con
pane e vino e rivolse qualche parola di speranza in cosa non saprei,
utilizzando oltretutto il suo linguaggio, pur in parte compreso. Quale
anticipazione dei tempi presi atto di una cerimonia, non so se chiamarla
“messa”, penso di sì, detta in tedesco anziché in latino, che mi parve un mezzo
sacrilegio e al
termine l'officiante strinse la mano ai militari presenti.. Poi un
pasto - rancio migliore del solito con un bel po’ di
birra e vino a disposizione e un caporale con fisarmonica che intonò canzoni
folk, con riguardo speciale a Lilì Marleen, da tutti seguita con un’intonazione
interna che dopo settanta anni mi fa venire ancora il magone, poi tutto pronto
per una cerimonia pomeridiana dedicata ai tanti in servizio foraneo. Per me e
altri, subito dopo, eccoci addetti a un rifornimento di materiali, munizioni,
alimentari per Anzio che, per quel giorno, vide gli animi in relativa calma.
Notammo sul posto qualche pastore protestante e un paio di cappellani per i
marò di Borghese e i parà repubblicani. Per noi stavolta i caccia alleati
furono clementi. Ci dissero pure di
aver notato delle cerimonie analoghe nella parte anglo – americana. La sera
rientro in casa tardi e non in caserma, pur in tempo per portare loro una
pagnotta nera, una busta di gallette e delle scatolette di carne militare
italiana, di più impossibile, ma era tanto. Le Pasque
successive, a parte il ridimensionamento delle chiese, divennero opulente,
ricche, quanto sentite non so, ma la mia del 44 è sempre nel tiretto della memoria.
Consideratio
Hanno riaperto le scuole sulla via ove abito e con meraviglia noto un atteggiamento diverso degli studenti rispetto l'anno passato e precedenti. Cioè, mentre prima alla loro uscita ecco esserci modesti tafferugli e schiamazzi quest'anno no, un quasi-silenzio mi ha colpito. Non c'è stata variante sul loro numero, sempre scarso se visto con il passato, no!, c'è che tutti eccoli silenziosi, senza alcun ciao, a domani! corriamo? ci vediamo? e via, salvo qualche svogliata eccezione, ciò pure verso le premurose mamme giunte in auto a prelevarli onde evitargli 5 - 10 minuti di strada, bensì tutti, tuttissimi, col naso appiccicato a un IPhone o altro aggeggio, tanto presi da riconoscere si e no chi giunto per loro o evitare un impatto con qualche palo vicino. Questo fare, già presente l'anno prima, ora è di certo peggiorato in misura più che preoccupante. Aggiungo, per esperienza diretta, che ciò si ripete poi in casa e in ogni altra occasione e sito.
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