Sunday, September 2, 2018

Settembre 03 - 2018 - Lunedì -  n. 2714 più 2 nuova serie - pensiamo positivo -

Recordatio
         
Diari di vita miei, dei coetanei, di tutti
Premessa
Ho pensato più volte di scrivere qualcosa sulla vita di un ragazzo nato sul finire degli anni venti, come lo sono stato io. Allora ho pensato di semplificare e parlare di me, a valere per tutti, immaginandomi un anonimo fra i tanti del tempo, con riferimento alla vita che possa essersi svolta per uno della mia età, simile, migliore, peggiore alle comuni aspettative. Faccio parte di una generazione che ha dovuto impegnarsi in imprese sovente superiori alle proprie possibilità, indirizzata dal potere politico e religioso, che ha ritenuto esprimere la propria partecipazione, ha amato e seguito persone, pensieri, illusioni. Ho deciso così di parlare nella prima parte della vita fino al compimento dei venticinque anni, interrompendo il narrare al giorno prima del matrimonio che aprirà una nuova fase di affetti, responsabilità, mete. Nel proseguire mi sono dedicato a un excursus più libero di eventi, considerazioni, persone, esperienze che, con una libera logica di sviluppo, giungono sino ai tempi vicini. Come Odisseo ho navigato in un mare ignoto, testimone del crollo di un mondo che ha finito per coinvolgere me e tutti. Ringrazio la mente che mi ha assistito, gli studi sulla memoria e regressione, le teorie di Jung e Adler, i seguaci di Freud, miei beniamini, per i quali l’inconscio, che ingloba il singolo, il collettivo, il presente e passato, non solo è in noi (Jung), ma a certe condizioni può essere riconosciuti anche in stato di veglia (Adler).  Ciò mi ha facilitato in questo viaggio a ritroso nel tempo. La trattazione successiva la parte diaristca è affrontata nella sezione finale del libro con inserti specifici, sino al compimento del mio ciclo attivo, al successivo, a oggi. Vedrò di integrare il testo per quanto possibile. Spero solo che l’impegno possa terminare in tempi possibili vista l’età. Infine, conformemente ad una parte del mio carattere, ho impostato lo scritto in chiave positiva, scegliendo il boccale con poco vino quale mezzo pieno, anziché mezzo vuoto. Sarei lieto comunque conoscere il parere, sia letterario sia di contenuto, da parte di chi legge, oltre ricevere suggerimenti critiche e osservazioni.
 vascello avvia vagare
in mari d’infide spemi
e pensiero e psiche
scia madre svanisce

Probabiliter
Mozart, cane umano e amico 
Di Mozart, non il celebre musicista austriaco, ma il cagnolino di famiglia, non dirò molto, non posso però tacere su di lui. Era il cane di noi tutti, pur se ufficialmente apparteneva a mia figlia maggiore, ma di ciò egli non si preoccupava e coltivava verso ognuno, e me in specie, un feeling affettuoso. Lo conobbi non appena il rigido allevamento elvetico lo consegnò vaccinato e controllato, previo pagamento di una cifra esagerata per quel batuffolo d’intelligenza e bontà. Infatti, il cucciolo, battezzato Mozart, non può dirsi fosse un cane qualsiasi, bensì niente meno che un Knight-King-Charles-Spaniel, in italiano “Cavaliere di Re Carlo Spaniel”, razza che metteva soggezione nominarla, con lui conscio della discendenza dagli avi selezionati per la caccia nella corte d’Inghilterra. Oggi se ne vedono molti ma allora, una quindicina d’anni fa, erano un’eccezione e rarità, tanto che l’allevamento, oltre a consegnare l’attestato di razza e nascita, pretese il diritto di riprenderselo se avessero notate carenze nel  trattamento. Ho detto che un Cavaliere è più di un cane, chi se ne intende mi darà ragione. Anzitutto il musetto era quasi umano, con la presenza di un accenno di  fronte, mancante negli altri colleghi, poi per una infinità di particolarità che si apprezzavano man mano che la sintonia reciproca diveniva più concreta. Per Mozart, ovviamente maschietto, io divenni per lui, e lui per me, l’amico e il compagno di birbantate che nascondevamo a figlia e famiglia. Anzitutto Mozart non abbaiava, per me parlava. L’unico guaito di dolore che gli sentii emettere fu quando inavvertitamente gli pestai una zampa, e poi più. Aveva il suo modo di colloquiare basato su borbottii modulati e suoni differenti secondo le intenzioni e necessità, peraltro interpretabili senza difficoltà. Quanto al capirmi nessun dubbio, mi capiva al volo. Inoltre ci parlavo (lo faccio con tutti gli animali) illudendomi seguisse il filo del discorso giacché si accucciava accanto e mi guardava fisso negli occhi. Poi il suo affetto per la gattina di casa, Clementina, con la quale tentava di addormentarsi abbracciato e, quando l’incrociava, partiva una linguata di affetto che la ricopriva a farla sparire. Ne deriverà che la micia, caso raro nel mondo felino, se ne andrà  a vivere di sua iniziativa in una nuova casa. Quando uscivamo per fare due passi erano ricorrenti i suoi tentativi di fraternizzare con i colombi (una volta saltò su uno schiacciandolo e rimanendoci male) oltreché mici, solo che i gatti non capivano e dovetti pure difenderlo da attacchi e graffiate che non scherzavano. L’animo gentile l’esternava in mille modi. Uno era quello di quando fingevo di piangere (lo feci una volta con una mia nipote, per scherzare, e lo ripetei qualche volta per Mozart), allora non c’era scampo, egli correva da me seduto in poltrona, mi piazzava le zampe sulle gambe, e mi slinguava il viso a mo’ di conforto per i problemi evidenziati col mio finto singhiozzare. Venne più volte con me al Sacro Monte di Varese, una bella tirata, anche se limitata a metà - tre quarti del percorso. Era felice, uccelli, farfalle, lucertole, erano l’oggetto del suo interesse. Una volta poi, adocchiato un merlo occupato a piluccare in terra, gli si risvegliarono gli istinti di cacciatore di Sua Maestà e fece un balzo talmente veloce da anticipare la fuga del volatile, piombandogli addosso di schianto, con quali intenzioni lo ignoro, solo che il merlo dall’impatto ne uscì secco, con Mozart che lo osserverà, lo odorerà, gli guairà accanto. Quando si riteneva stanco si sdraiava in terra piatto come una sogliola (somigliava a un pollo alla diavola) e non si muoveva per nessun motivo. Finiva che lo prendevo in braccio, con sua soddisfazione, e meno male che la taglia era media - piccola, come tutti i Cavalieri King. Lo portavo anche nell’autobus che saliva al santuario. Giunti poi a mezza via, al solito bar, colazione per due, cappuccio e mezza brioche per me, l’altra mezza per lui. In casa poi, quando Mozart mi vedeva entrare, mugugnava di gioia, certo che saremmo usciti pressoché subito. Aveva addirittura fenomeni di levitazione, nel senso che spiccava un salto roteando turbinosamente le zampe, con l’impressione da parte mia fossero infrante le leggi della gravità e lui permanesse in aria più del previsto. Quando poi si saliva in montagna d’inverno, con la neve alta, nessun problema per una sua eventuale perdita (d’altronde impossibile per il lungo guinzaglio), un solco deciso nella neve mostrava il suo tragitto in quanto, memore del DNA degli spaniel, procedeva strusciando al suolo con la pancia, come l’essere pronto a assalire qualcosa che, nel caso fosse apparso, l’avrebbe pietrificato dal terrore. Poi le sbandate per il settore femminile canino. Mai si fosse degnato di considerare cagnette della sua taglia, no! Non le degnava d'attenzione, anche se facevano le smorfiose. Le predilette erano le cagnone tre volte lui con le quali, comunque, mai riuscì combinare qualcosa, salvo alimentare la sua fantasia di avventure galanti. Ritengo comunque che qualche extra sexy, magari programmato da altri, l’abbia avuto, contribuendo così alla perpetuazione della sua specie. Venne un Natale e gli regalai un “Cavaliere” in panno Lenci, era la sua copia, ed egli impazzì dalla gioia. Girava in casa con lui addentato per un orecchio, ci andava a dormire abbracciato e guai a toglierlo! ciò similmente per la copertina da cuccia, che in teoria anch’essa non avrebbe dovuto essere mai lavata. Così quelle poche volte che si riuscì a dare una pulita-disinfettata ai due lerci accessori, tutto doveva essere completato nella giornata, altrimenti la sera il “Cavaliere” girava errabondo alla loro ricerca, come si trattasse del Graal della Tavola rotonda. Per le necessità fisiologiche nessun problema, usciva due - tre volte il giorno e in casa riteneva bene pipì e popò. Una volta all’esterno le minzioni si susseguivano a venti secondi l’una dall’altra (a volte contavamo per verificare). Si evidenziava, infatti, l'inconscio del cacciatore che marcava il territorio, molto più di ciò che facciano i colleghi più civili, rovinati dall’adattamento urbanistico e familiare. Circa la popò la meta fissa erano le basi dei grandi alberi che a Varese non mancano, e mai sgarrò per siti oggi proibiti, allora per fortuna non ancora puniti dalle norme comunali. Eppure una volta in Svizzera, sul lungolago élitario di Lugano, egli inspiegabilmente si posterà nel mezzo di un piazzaletto, isolato e visibilissimo, lasciando soddisfatto un’appariscente traccia della sua presenza. Ci sentimmo dei vermi, anche perché nel mondo elvetico erano già in vigore le regole di pulizia e di sicuro, per loro, i proprietari non potevamo essere che italiani, come dubitarne? fossimo stati del posto non sarebbe accaduto. Così intervenimmo alla meglio, con Mozart che ci osservava indifferente e gli elvetici che ci tollerarono giacché riconobbero il “Cavaliere”, allora disponibile solo nei loro allevameni, e chiesero su di lui, profondendogli anche qualche anemica carezza. Circa la toeletta casalinga o esterna egli si prestava più che soddisfatto ad essere lavato sia da noi, nella sua vaschetta, sia nel negozio per cani, e ne usciva con uno stupendo pelo bianco chiazzato marrone chiaro che conservava poco, vista la tendenza a strusciare come una biscia. Comunque gioiva palesemente quando su lui si riversava l’aria calda dei phon per cani o il getto del risciacquo caldo finale. Per quanto riguarda mia figlia lei faceva ogni mattino una passeggiata-corsetta col suo amico, prima di trasferirsi in ospedale per l'impegno giornaliero. Lui allora saltava nel retro del Suv attrezzato come un mini-appartamentino e attendeva il ritorno per quattro-cinque ore, intervallate da un flash di mezzo mattino. Poi un giorno, lui dodicenne, la Segretaria di mia figlia scese per vederlo e lo trovò accucciato, dormiente, troppo, se n’era andato nel suo paradiso. Non l’ho detto, ma i Knight Spaniel sembra abbiano problemi cardiaci, cioè il cuore è debole, e questo problema di staccare la spina l’aveva affrontato poco prima un suo fratello di cucciolata, preso da una famiglia di parenti. Possono vivere anche di più ma a volte un’età di dodici - tredici anni è già parecchia. Mia figlia avrà un colpo da non dire. Lei, usa a emozioni forti fra sale operatorie e bisturi, ebbe terrore a rivedere il compagno, così la sua assistente penserà a tutto per una sistemazione adeguata. Mia figlia, amante appassionata del settore felino, era al primo cane e ne era stata presa totalmente. Non ne vorrà più altri. Il dolore fu troppo sentito. Altrettanto per me. Avevo avuto da lei la promessa che me l’avrebbe affidato nei periodi d’impegni, ferie, congressi e, magari concesso per sempre, non dico regalato, una simile meraviglia non si dona. Al sapere la notizia, angosciato, m’immaginai Mozart salutarmi con gli occhioni tristi, furbi, intelligenti. Mozart come dimenticarti? Impossibile per me e noi tutti.

Consideratio
Moglie mia, novanta e vai ............. 
Tutti, proprio tutti presenti al festeggiare i novanta di madre, sposa, nonna, bisnonna, sempre colonna portante della famiglia felice e complessa al tempo stesso. Marito, figlie, figlio, nipoti, bisnipotina, badante, esultanti a lei d'attorno per augurargli buona salute più un maxinpegno per la prossima scadenza decennale, le intermedie ovviamente a parte. La gioia odierna ci ha più che ripagato lunghi periodi di buio, compresi anche eventi recentissimi, di questi giorni. Ma noi tutto abbiamo sempre superato, vero Diana?