Friday, June 14, 2019

Venerdì 14 giugno 2019

L'ortica è infestante, parte tre
Note di vita. Cambia tutto e meglio. Cuasso

Dopo una arrampicata impervia di venticinque chilometri eccomi alla nuova destinazione, il centro riabilitativo di Cuasso, sempre provincia di Varese, su un monte che sovrasta la frontiera con la Svizzera. Mi fanno notare che sulla sua cima, a fronte delle nostre finestre, ci sono evidenti resti di fortificazioni passate, accompagnate da gallerie e opere in scavo che le genti locali ben conoscono. Risalgono al 1914 quando l'Italia, coinvolta poi nella prima guerra mondiale, le predispose come linea di difesa nel timore che gli austro-ungarici potessero attaccarla violando l'indipendenza elvetica, come fecero i tedeschi nel Belgio. L'edificio di quattro piani risale agli anni venti-trenta ed era dedicato ai tanti affetti dalla malattia allora imperante, la tubercolosi, infine debellata. In seguito è stata dedicata ad altri servizi, fino alla riabilitazione motoria di persone colpite da incidenti, traumi, problemi articolari. La sua storia si evince nel notare l'impostazione d'inizio, sempre evidente, che lo aggiunge alle analoghe strutture alpine e prealpine come Sondalo e similari. Evito accennare a chi volle il loro sorgere per non essere tacciato di essere legato a eventi e capi della gioventù.
Pur con le mie evidenti migliorie legate all'ospedale di Varese sono ancora alquanto malridotto, con preoccupazione del mio stato fisico e psichico. Oltretutto non sono praticamente mai stato sottoposto ad alcuna terapia riabilitativa, pur se dalla metà dicembre 2018 a oggi, marzo 2019, ne avrei avuta necessità assoluta, anzi dovrei averla già terminata e rientrato in casa. Purtroppo tre mesi e più se ne sono andati per problemi più importanti e impellenti. Conosco così il mio eccellente riabilitatore, Alfonso, e l'altrettanto eccellente dottoressa Daniela la quale seguirà e controllerà il mio stato e progressi che, mi auguro, siano veloci e costanti. Si avvia così un lungo percorso di robusti massaggi alle gambe, propedeutici alla mobilizzazione dell'arto, il contrario di quanto mi aspettassi. Dice Alfonso: "... ogni cosa a suo tempo, si fidi, le giunture della gamba sinistra offesa le affronteremo una volta ammorbidito quel tronco che oggi si sostituisce ad essa ...". Altrettanto è per la dottoressa la quale mi vede pure migliorato (in che non so). Infine le prime prove di mobilizzazione, difficili e dolorose, concernenti piede, dita, caviglia, anca, ginocchio, i cui progressi di piegatura vengono evidenziati su una tavoletta graduata e controllati giornalmente da Alfonso e dottoressa. Mi pongono infine in piedi entro un pesante deambulatore professionale ospedaliero e via! camminare! Così, minimizzando le difficoltà del principiante, percorro i primi dieci metri, poi venti, trenta, cinquanta (io che ho fatto più maratone maxi e mini nel team di Abdon Pamic!). Infine il giorno in cui dicono a me e figlia che la gamba, sempre gonfia, non era più un tronco di abete ma un complesso accettabilmente snodato che, pur assistito, aveva ben supportato il deambulare e loro, consci comunque dei problemi suppletivi, di più non potevano fare, salvo prolungassi la degenza di sei - sette mesi, cosa che la Asl non avrebbe mai concesso. Quindi era opportuno rientrassi in casa e svolgessi nell'ambito domestico l'iter del cammino, massaggi e problemi irrisolti, sia individualmente sia supportato da qualche collaborazione. Insomma con belle parole mi dimettono e termino il soggiorno sulla frontiera italica di Porto Ceresio. 
Che dire del periodo? tutto il bene possibile, come per mia figlia Rita che mi ha visitato tutti i giorni, portandomi pure generi di conforto (funghi porcini e carciofini sott'olio, dirò poi il perché), per Alberto, Dalia e Francesco giunti dalla remota Roma, per le terapie e  trattamento eccellenti, per la cortesia, professionalità, pazienza mai mancate che hanno contribuito al farmi sentire in forma e cominciare a progettare il futuro che verrà. Come dimenticare poi le messe e comunioni pomeridiane del cappellano don Adolfo, disertate da tutti salvo me, una anziana svanita e a volte una - due sporadiche presenze? anche ciò ha completato e personalizzato un tratto di vita difficile. 
Si chiude così un ciclo e se ne apre uno nuovo di cui parlerò nel prossimo inserto.


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