Wednesday, November 7, 2018

08 novembre 2018 Giovedì - n° da avvio blog 2714 più 35 NS (nuova serie) - S. Goffredo - pensiamo positivo

Il Blog è rinato con una nuova serie, in quanto il 10 agosto 2018, con n° giornaliero 2714 (11 anni circa di attività), esso è stato azzerato da una infame azione di hackeraggio

1895: Conrad Rontgen scopre i raggi X
Detto di frati: Strani avvenimenti, giovani di centanni e vecchi di venti

Recordatio Diario 44  - La svolta  -  Tedeschi out, americani “in”
Sui generis  - Anche il 1944 sarà un anno duro e intenso, lo passerò metà con tedeschi e fascisti, metà con americani e inglesi in una sequenza di eventi che mi lasciano interdetto per la rapidità del succedersi, e mettono in crisi le mie capacità di comprensione e giudizio. Infatti, per i primi sei mesi sono cittadino della repubblica del Duce, e per gli altri torno ad essere suddito dei Savoia. Senza considerare il trovarci sotto i tedeschi prima e americani poi.. Questa parte tratta il periodo Gennaio  -  Giugno 1944, pur con sprazzi 1943, trascorso con l’occupazione germanica. La seguente tratterà degli alleati a Roma e tedeschi - fascisti al nord. Il 1943 è appena finito con tutti i suoi problemi, di cui molti solo rinviati. In Gennaio imperversano un freddo rigido, la mancanza del cibo, le incursioni aeree volte a colpire ogni veicolo si muova nell’ambito della periferia romana. In gennaio la razione di pane giornaliera, già ridotta a 125 grammi, scende a 100 grammi, poi a settanta di pane abbrustolito. C’è da morire d’inedia. E’ dall’ultimo trimestre 1943 che vaghiamo alla ricerca di qualcosa e ci arrangiamo in ogni modo. Il vitto è l’unica necessità del momento, tutte le altre possono essere rinviate (pur di mangiare siamo disposti a tutto, ho così conferma dei primi studi sulla scala di priorità dei bisogni umani). Mio padre trova modo di acquistare piccole quantità di farina di sorgo, usata da qualche popolazione abissina. Le focacce che ne ricava sono di colore rosso - cupo, si sbriciolano ed hanno un sapore impossibile per i nostri palati. Trova poi una strana farina Buitoni, la “Vegetina”, sempre in modeste quantità, con cui prepara delle focacce migliori, sempre ai limiti della sopportazione. Mi chiedo da cosa sia composto questo prodotto giacché grano, cereali, legumi sono rigidamente tesserati. Tento con amici di farne l’analisi nel laboratorio della mia ex scuola (che tenta di condurre un anno scolastico sconquassato) con la collaborazione di un professore amico, ma non riusciamo a combinare nulla, pare ci siano farine di qualche seme poco noto da noi, tracce di leguminose, veccia, fibre di cereali e farina trattata di castagne e ghiande selvatiche. Riusciamo pure ad acquistare un sacchetto di fichi secchi un po’ tarlati e uno di lupini che mettiamo a bagno in un grosso catino per renderli commestibili. Il risultato è che ho problemi intestinali per i fichi mangiati in più, oltre il poco giornaliero assegnato da mio padre, mentre per i lupini ne consumo buona parte ai limiti della commestibilità, con l’alibi di controllare se il sapore abbia raggiunto livelli accettabili di gradevolezza. Per il cibo parlo di mio padre e non mia madre, che pur si dedica alla routine giornaliera, giacché lui si è impegnato a risolvere le emergenze della mancanza di materie primarie. Egli comunque ha sempre provveduto, anche nel passato, a fare le spese mensili per pasta, farina, conserve, olio, zucchero e altro, rifornendosi nel magazzino della Provvida, la Coop di allora, presente nello scalo Tiburtino (come dimenticare gli spaghetti Garofalo in pacchi azzurri, le conserve di pomodoro e marmellate Pasquino, i pessimi formaggini “Duomo”, le marmellate “Baratti”, il pessimo formaggio fuso in cassettine di legno?). Io trovo delle bustine di polveri, Bertolini o simili, con le quali produciamo l’olio autarchico e sostituiamo le uova (oliolì, ovolina) con risultati ovviamente penosi. Sono basate sul potere agglutinante dei semi delle carrube mangiate dai cavalli e da noi ragazzi. Noi, oltre a comprarne, pur si trovino, le sottraiamo proprio a essi nei sacchetti appesi ai carri da trasporto. Ci rivolgiamo pure, mio tramite, alla mensa San Pietro che il Vaticano ha aperto nella parrocchia di Ognissanti, in via Appia ove, in alcuni giorni della settimana, distribuiscono un po’ di minestra scadente che porto a casa. Lavoro nulla. Tiriamo avanti con lo stipendio di mio padre e rimanenze della liquidazione INA. In casa non sanno però che partirò a giorni volontario con la Repubblica del nord. Per i soldi sono al verde e a volte, spinto dalla necessità, metto le mani su qualche lira di mio padre, poca cosa. Non l’abbia mai fatto! Non dico che succede quando se ne avvede! Così mi propongo che in un futuro ai miei figli, se ne avrò, darò sempre qualcosa di ricorrente, evitandogli i miei impatti. ...........

Probabiliter Una Pasqua "forse" non opulenta, ma da ricordare. 
Mi riferisco all’angolo mentale in cui è annidata la mia Pasqua 1944, quella di un anno particolare, momento difficoltoso, genti variegate pur nella comunanza di fede. Il mio status è che sono nel Corpo di Commissariato Wermacht e dalla Caserma Bianchi in via Nomentana sono stato trasferito nel presidio di uno stabilimento che sforna gallette e gallettoni per militari e pasta per militari e civili. Non è in atto però alcun sequestro, è una base di rifornimento specie per i fronti di Anzio e Cassino, inoltre la nostra presenza era stata sollecitata dal Vaticano, proprietario della fabbrica, onde evitare possibili assalti da parte di frotte affamate. Già ho detto che sono con i tedeschi, e non mi dispiace, per un’imbecillata della Milizia che alla vigilia della nostra partenza per un volontariato col Duce (i miei amici andranno, io no) mi arrestò quale diffusore di stampa comunista per un opuscolo venuto per caso in mio possesso. Alle Fosse Ardeatine, ove da una diecina di giorni giacciono le trecentocinquanta vittime della rappresaglia di Kappler per i gendarmi altoatesini uccisi in via Rasella dai partigiani, potevo finire anch’io, giacché poco sarebbe valso sia l’essere un diciassettenne, sia per un impensabile declassamento di quanto imputatomi (in strada morirono anche dei civili, compreso un ragazzino di cui riporto in calce la foto). A tirarmi fuori dalle grinfie repubblichine, con mia approvazione, ci pensò un sottufficiale germanico della Polizei, poi mio amico, presente nel comando di via Brenta ove ero stato rinchiuso, che mi fece inserire nei loro reparti, sottraendomi ad ogni azione degli ottusi italici. Stop dell’excursus personale e torniamo alla festività. Quest’anno è Pasqua lunga poiché giunge il 9 aprile, non in marzo come altre volte. Io, essendo basato a Roma, mi divido equamente, se possibile, fra il presidio di via Casilina, la caserma Bianchi, la Centrale tedesca in Corso d’Italia e la nostra casa, ove non faccio notare riferimenti militari, specie se tedeschi, rischiando altrimenti di brutto assieme ai miei. Così ecco la Domenica delle Palme, il Giovedì dei sepolcri, il Venerdì del dolore e lo scampanio discreto annunciante la resurrezione di Gesù. La mia mamma ha portato in chiesa i suoi vasi con i lunghi germogli bianchi di veccia, sviluppati al buio sotto il letto, ha preparato qualcosa per il magro pranzo pasquale e un prete spicciativo ha benedetto la casa, tutto qui. Oltre a essere io semi – assente c’è che manca pure mio fratello il quale, dopo il mio arresto, si è trasferito da nostri parenti. La gente romana, visti i pericoli del momento, è divenuta di colpo religiosa praticante, le chiese sono strapiene e i parroci e vice si danno da fare in cento modi. La Pasqua non la passai in casa. Ci fu una cerimonia in caserma condotta da un pastore luterano che si rivolse a tutti, evangelici e cattolici, distribuì una comunione ecumenica con pane e vino e rivolse qualche parola di speranza in cosa non saprei, utilizzando oltretutto il suo linguaggio, pur in parte compreso. Quale anticipazione dei tempi presi atto di una cerimonia, non so se chiamarla “messa”, penso di sì, detta in tedesco anziché in latino, che mi parve un mezzo sacrilegio e al termine l'officiante strinse la mano ai militari presenti.. Poi un pasto   -   rancio migliore del solito con un bel po’ di birra e vino a disposizione e un caporale con fisarmonica che intonò canzoni folk, con riguardo speciale a Lilì Marleen, da tutti seguita con un’intonazione interna che dopo settanta anni mi fa venire ancora il magone, poi tutto pronto per una cerimonia pomeridiana dedicata ai tanti in servizio foraneo. Per me e altri, subito dopo, eccoci addetti a un rifornimento di materiali, munizioni, alimentari per Anzio che, per quel giorno, vide gli animi in relativa calma. Notammo sul posto qualche pastore protestante e un paio di cappellani per i marò di Borghese e i parà repubblicani. Per noi stavolta i caccia alleati furono clementi. Ci dissero pure di aver notato delle cerimonie analoghe nella parte anglo – americana. La sera rientro in casa tardi e non in caserma, pur in tempo per portare loro una pagnotta nera, una busta di gallette e delle scatolette di carne militare italiana, di più impossibile, ma era tanto. Le Pasque successive, a parte il ridimensionamento delle chiese, divennero opulente, ricche, quanto sentite non so, ma la mia del 44 è sempre nel tiretto della memoria. 

Consideratio
Hanno riaperto le scuole sulla via ove abito e con meraviglia noto un atteggiamento diverso degli studenti rispetto l'anno passato e precedenti. Cioè, mentre prima alla loro uscita ecco esserci modesti  tafferugli e schiamazzi quest'anno no, un quasi-silenzio mi ha colpito. Non c'è stata variante sul loro numero, sempre scarso se visto con il passato, no!, c'è che tutti eccoli silenziosi, senza alcun ciao, a domani! corriamo? ci vediamo? e via, salvo qualche svogliata eccezione, ciò pure verso le premurose mamme giunte in auto a prelevarli onde evitargli 5 - 10 minuti di strada, bensì tutti, tuttissimi, col naso appiccicato a un IPhone o altro aggeggio, tanto presi da riconoscere si e no chi giunto per loro o evitare un impatto con qualche palo vicino. Questo fare, già presente l'anno prima, ora è di certo peggiorato in misura più che preoccupante. Aggiungo, per esperienza diretta, che ciò si ripete poi in casa e in ogni altra occasione e sito.

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4 comments:

rugiada said...

Buongiorno Francesco. Roberto. Ariel e tutti.
Hai toccato un tasto dolente ma veritiero, i giovani non communicano piu' a parole ma a tasti. I cellulari sempre a portata di mano e le dita piu' veloci del vento.Nel momento che dovrebbe essere il migliore della giornata, riuniti al tavolo per pranzo o cena non c'è dialogo. Proprio ieri parlando con le maestre di mio nipote di 7 anni, anche loro giovanissime, si lamentavano che i dialoghi genitori maestre avvengono solo tramite cellulare. Sono solo io vecchio stampo? Buona giornata a tutti.

Francesco said...

Buongiorno Maristella. L'iper uso dei mini mezzi di comunicazione odierni, IPhone,Tablets e similari, di fenomeni ne producono due. Uno, certamente dannoso, a sistema uditivo, percettivo, cognitivo del soggetto utilizzatore, l'altro è di natura psicologica in quanto isola del tutto l'utilizzatore dal mondo reale esterno, soprattutto umano, e quì il danno per me è enorme, mentre c'è chi ne vede la positività affermando che il futuro , in genere, sarà così e dobbiamo adeguarci. Io uso tutti i mezzi, ovvio, ma con la lentezza e la prudenza di un novntenne, resto però più che meravigliato della supervelocità gestionale IPhone di mia nipote quindicenne, che durante la fase di utilizzo (sempre) vive nel mondo dei sogni nuovi e suoi. E' un bene? non lo è, ancora non lo so e non ho deciso. ciao

Roberto said...

Ciao Francesco, Maristella, Ariel e tutti. Altro punto sensibile del blog di oggi è quello della fame, già toccato qualche giorno fa, ma con tutta evidenza talmente enorme che si tenta di spiegarlo a parole ma non ci si può neanche avvicinare. "La fame vera", tanto per citare di nuovo un'espressione di mio padre. La mia stessa generazione, per non parlare di quella odierna, non ha conosciuto nulla dell'inedia della guerra, ma almeno aveva nelle orecchie l'ammonizione continua di chi l'aveva subita, e nella coscienza si formava un campanello di allarme sempre presente, pur nella opulenza. Io ho provato a trasmettere ai miei figli questo campanello d'allarme (non so con quanto successo), pur nella speranza che determinate situazioni non si ripetano più...

Francesco said...

Buongiorno Roberto. La fame, quella vera, feroce, che ti attanaglia lo stomaco e soprattutto la mente, io l'ho conosciuta per parecchi mesi, fino a quando entrai nel Commissariato crucco. In precedenza, anni 41 - 42 la fame c'era sempre, non però quella assassina della fine del 43 - 44 (ci fu chi morì di fame ed la tubercolosi faceva da padrona). Oggi pane e pasta quasi non si mangiano più, o cmq in quantità ridottissime, allora, mancando TUTTO erano gli alimenti principe ma non c'erano. Pochi grammi a settimana di PASTA, UN ETTO DI PANE AL GIORNO E STOP, E NON è DETTO CHE LA DISTRIBUZIONE CI FOSSE SEMPRE. Pensa all'assurdo che gli ebrei del ghetto di Varsavia avevano dai tedeeschi razioni alimentari ben superiori alle nostre, specie poi in patate e margarina, da loro presenti a montagne e da noi quasi sparite, al livello di riceverne, quando erano disponibili, un paio di patate a testa mentre burro o surrogati nemmeno a parlarne. Chiudo in quanto tuo papà, vedo, ha passato le stesse mie vicende, forse non al punto che ebbi io a contendermi con un altro ragazzo una grossa buccia d'arancia. Ciao