Wednesday, November 28, 2018

n. 54 NS (Nuova Serie) - Novembre 29 Giovedì - S. Saturnino e tutti i martiri francescani - pensiamo positivo -

N° 54 NS (Nuova Serie) Giovedì 29 novembre. Il Blog è rinato con una nuova serie, in quanto il 10 agosto 2018, n° giornaliero 2714 (11 anni di attività), è stato azzerato da una infame azione di hackeraggio.

1803: Il fisico C. Doppler scopre il fenomeno denominato effetto Doppler

Detto francescano: Torrente gelato - amico non fidato

Fausto Melotti ... aA una condanna deve corrispondere una colpa che non conosciamo

Recordatio - Diari 1944 - 1945
.......... Passata l’euforia dell’ingresso alleato non possiamo non notare che l’inflazione galoppa, la moneta perde una parte notevole del valore; stipendi e salari si aggiornano in rincorsa continua con i prezzi che nel frattempo sono risaliti. E’ questa una realtà alla quale ci abitueremo e ostenteremo indifferenza. C’è ricchezza disordinata per pochi e una vasta indigenza generale. Comunque si vive come se la guerra non ci riguardasse più, senza coprifuoco e allarmi, ci si nutre e veste meglio. L’illuminazione pubblica è tornata, acqua ed elettricità non sono più ridotte, pur se avvengono interruzioni. Alcuni generi alimentari, fra i principali, vengono liberalizzati (non pane e pasta). I bar sono aperti fino a tardi con tavoli esterni e orchestrine che suonano motivi italiani e americani. In una di queste canta un ragazzo che farà il militare con me e diverrà uno dei migliori commentatori sportivi (Sandro Ciotti). Decido di riprendere gli studi. Trovo una buona scuola privata collegata a uno dei migliori istituti commerciali, il Quintino Sella. La direttrice mi consiglia di evitare gli esami di ammissione al terzo anno di ragioneria in quanto, data l’eccezionalità del momento, non sa se siano tenuti e chi potrebbe organizzarli. Aggiunge che essi, latino, parte della matematica e diritto, richiederebbero pur sempre un anno di applicazione e pertanto, vista la mia buona preparazione, mi propone di affrontare ex novo il superamento del primo biennio (decido di accettare, pur se devo ripetere varie materie) e passare così agli anni successivi. L’impegno è facilitato dagli studi precedenti seri e conclusivi, salvo il latino nell’ambito GIL, al quale dovrò dedicarmi meglio in quanto, pur avendone seguito il corso, sono conscio non abbia potuto ben completare il suo ciclo (né posso far valere l’attestato rilasciato). La scuola costa molto, altrettanto lo sono i testi difficili da trovare. Studiamo con luci fioche e con ciò che possono fare un paio di batterie d’auto adattate per illuminare più aule con lampade anemiche, perché la corrente sovente manca. In alcune emergenze usiamo candele e lampade a petrolio (anche mio padre, per ovviare alle interruzioni di luce, mi costruisce una lampada ricavata da un bossolo di proiettile antiaereo). Per frequentare le lezioni, che vanno dalle 17 alle 21, incompatibili col mio lavoro pomeridiano, ottengo di lavorare una settimana di mattina e due di notte, e ciò sarà per anni. Chi accetta la variante del mio pomeriggio con la sua notte ne è lieto, lo sono meno io che per venti giorni al mese dormirò poco solo di giorno, malgrado le attenzioni della mamma. Posso dire che da allora mi sia abituato a considerare la notte come un’amica ove immergermi quando gli altri giacciono nel loro mondo dei sogni. Ai primi di Luglio del 1945, con la guerra appena finita in Italia e in Europa (dopo un mese lo sarà in Giappone), sostengo gli esami del biennio. Durano due settimane e mi costringono a una delle fatiche mentali e fisiche più impegnative. Mi prendo le ferie disponibili e affronto una ventina di prove scritte e orali, cioè di tutte le materie; altro che le poche che si sosterranno negli anni futuri. Ottengo voti elevati, diversi otto, dei sette, nessun sei. Posso costatare che i miei studi commerciali siano serviti eccellentemente. Resta il nodo del latino, sul quale però non posso aspettarmi miracoli. Assistendo agli esami di altri mi convinco della presenza di carenze concrete ed allora comunico al preside l'intendimento di  sostenerlo in autunno. Non voglio gettarmi allo sbaraglio e ottenere magari una tolleranza compiacente e penosa. Decido ciò, anche se egli mi fa capire io possa contare sul sei, con l’accordo della commissione che ha apprezzato la mia posizione di operaio-studente. Ho così tre mesi da dedicare alla materia. Mi considerano strano ma non voglio mi si regali qualcosa che mi peserebbe poi (seguiterò questa linea rifiutando voti universitari inadeguati). Passo l’estate ripassando e integrando grammatica, prose, scegliendo il De Bello Gallico come base di esame. Mi aiuta un’insegnante la quale rinuncia a usufruire quasi a tutte le ferie. All’esame ottengo un sette, meritato e guadagnato sul campo. I promossi a Luglio sono pochi, a Settembre un po’ meglio, eppure sono tempi nei quali si studia sul serio. Le difficoltà del primo dopoguerra iniziano a evidenziarsi sulla scarsa preparazione di molti reduci di guerra (e i professori, per poco, che restano i severi di sempre). A fine Ottobre 45, presso la stessa scuola privata, inizio il secondo ciclo di ragioneria. La Direttrice, previo un controllo con cui accerta la mia preparazione, mi spinge a affrontare direttamente la maturità in quanto, al momento degli esami, saranno trascorsi per me i cinque anni richiesti dal ciclo medio. Sono preoccupato per la vastità del programma, convinto però che i passati apprendimenti mi abbiano lasciato traccia profonda Forti spese, come il solito. Mio padre, comprensivo come sempre, mi riduce il contributo che verso in famiglia, peraltro già modesto. Di quest’altro anno scolastico ne parlerò nel capitolo seguente. ...... segue

Probabiliter La storia a modo mio - Il Duce e i suoi tempi (1° di 2) 
In altra parte ho trattato del primo periodo dell’unità d’Italia. Parlo ora dell’opera di Benito Mussolini. Di lui esporrò il mio pensiero impegnando specie il mio lato irrazionale ed emotivo.
Dovessi seguire quello razionale potrei esternare, in aggiunta a quanto di positivo fatto, anche numerose riserve sul suo operato e impostazione ideologica che il tempo e il ragionamento mi hanno fatto acquisire partendo già dalla mia gioventù di balilla. Ovviamente nulla togliendo al mio rispetto per lui, che considerai un padre da accettare e amare e mi diede una solida speranza di vita giusta e migliore.  Egli veniva dalle terre già pontificie della Romagna, suo padre nacque con la Santa Sede, così nonni e precedenti. Genti e zone calde, riottose, da preoccupare la polizia e l’esercito d’allora. Il padre di Benito non era uno stinco di santo, o stakanovista nel lavoro, anche se lo raffigurarono come fabbro solerte e scrupoloso. Il gomito lo alzava, le mani pure e, da bravo romagnolo, di fastidi alle donne ne diede parecchi. Ci fu chi lo ritenne affetto da qualche malattia venerea. Fatto è che di lui se n’è parlato sempre poco. La madre di rospi dovette ingoiarne ed era lei che spesso sopperì alla famiglia. Anche grazie a quell’ambiente il Duce non crebbe certo complessato, svolse studi non eccelsi, fu socialista, sindacalista, agitatore, ebbe noie in Svizzera e nel Trentino austriaco, qualcuna dalla nostra polizia, fu contro la guerra in Libia poi, con quella mondiale, divenne interventista ritenendo, con Corridoni, Marinetti, altri, che ne sarebbe venuto il crollo del vecchio mondo, l’avvio della rivoluzione, l’affermazione del popolo. Fu direttore dell’Avanti, poi espulso dal Partito Socialista per le sue idee cambiate, e amico di Nenni che si ritroverà un giorno contro. Si innamorò dello Stato”Etico” di Hegel e delle idee e pensatori del socialismo e sindacalismo nazionali, rivoluzionari. Fondò il Popolo d’Italia, fu ferito in guerra. Angosciato dal dopoguerra decise di fondare il movimento fascista e tentare di fargli assumere la direzione del potere in Italia, nella quale credeva e vedeva la possibilità di unirla con un popolo amalgamato e cosciente. Che fece il Duce per riunire gli italiani? Il possibile e l’impossibile, solo che la sua azione, limitata a non molti anni, non ebbe il tempo per potersi consolidarsi e nel dopoguerra si tornò indietro, mancando uomini e idee alle nuove necessità. Pensiamo alla sua opera. Vennero varate mastodontiche opere che svilupparono il paese e mixarono la sua gente. Schiere di coloni veneti popolarono il Lazio bonificato, i lavoratori romagnoli fecero miracoli in parti degradate. Flussi notevoli si indirizzarono nelle terre atesine, giuliane, istriane.  Altri, organizzati e assistiti, si stabilirono nelle aree industriali del nord sempre più ampliate. Un fiume di lavoratori andò nelle terre libiche e dell’Africa Orientale Italiana, sino ad allora abbandonate e incolte, dando vita ad una generazione nuova come italianità e operosità. Ci si rimboccarono le maniche e sorsero le bonifiche interne, libiche, i colossali lavori africani. Il Duce puntò molto sui giovani, con indirizzi e disposizioni identiche da Calascibetta a Merano. Nacquero i Figli della Lupa, i Balilla, i Moschettieri, gli Avanguardisti, i Giovani Fascisti e tutti, ragazze compresi, si sentivano camerati. L’Esercito e la Milizia inglobavano milioni di italiani che tornavano a casa con la mente aperta  alle nuove realtà e socialità.   Si valorizzò l’economia interna, zolfo, sali, pesce, agricoltura sicula e del sud, carbone, ferro, metalli in Sardegna, Toscana, Venezia Giulia, metano nella Valle Padana, centrali elettriche montane, industria manifatturiera e trasformatrice in più parti d’Italia, agricoltura avanzata. S’iniziò a superare l’arcaico capitalismo familiare con gli interventi dell’IRI, Istituto Ricostruzione Industriale e IMI, Istituto Mobiliare Italiano, si accantonarono le vecchie Casse d’Assistenza accentrando gli interventi negli avveniristi INPS per la Previdenza Sociale, INAM per le malattie, INAIL per infortuni, e mille altre iniziative.  Gli Istituti Case Popolari riempirono l’Italia di abitazioni economiche e decenti. Sorse una Magistratura del lavoro che tutelò i lavoratori ben più di oggi, facendo cessare le piaghe degli scioperi e serrate. L’emigrazione si ridusse. La Scuola, moderna, seria, formò una classe di adulti fiduciosi e convinti di appartenere ad uno stato unico e forte, non più a uno dei tanti potentati industriali del nord, o protettorati ecclesiastici del centro,  o baronia del Sud. ...... segue

Consideratio
Sotto la mia abitazione passa ad angolo una via principale e una traversa destra con una corsia laterale di minor traffico, corrente fra due file di macchine in sosta, con perenne difficoltà a trovarvi un posto vuoto. Ebbene essa mi ha indotto a pensare sull'oggi, sullo ieri, su me, su altri su tutti. Infatti le auto che imboccano la stretta svolta lo fanno sempre a velocità azzardata pur se siano presenti immediate strisce di attraversamento pedonale. Non dico poi il rettilineo angusto, è percorso di norma a velocità folle, con quel che ne potrebbe conseguire. Già in passato l'incrocio sottostante, oggi sostituito da una provvidenziale rotonda, vedeva molti incidenti anche con feriti e morto, per le macchine che sfrecciavano sulla via principale come fossero in un derby automobilistico. Oggi, poco diverso, traversano la via come dovessero scappare da un qualche incendio o simile. Perché tanta fretta? peggiorata anche dall'uso di telefonini durante la guida?Frenesia mentale e esistenziale che poi si rinnova sulla vita, sul lavoro, in famiglia, in casa, in vacanza, coi figli, genitori, parenti. Ma è vita questa? Cosa rincorriamo senza poi raggiungerlo, come i cani levrieri d'un tempo e il coniglietto  dinanzi? Giungeranno di corsa pure alla meta finale e, forse, non troveranno pace nemmeno lì.

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3 comments:

Roberto said...

Ciao Francesco, Maristella, Ariel e tutti. Leggendo il tuo remind sulla preparazione affrontata per gli esami del biennio di ragioneria rimango a bocca aperta: un impegno di studio "matto e disperatissimo" - come avrebbe detto Leopardi - in condizioni logistiche precarie e alternato a turni lavorativi massacranti! Che forza di volontà, Francesco, una cosa già piuttosto rara allora e oggi probabilmente inimmaginabile: ma che soddisfazione, anche... Circa la fretta frenetica che contraddistingue la stragrande maggioranza di noi, hai ragione, Francesco: ma che senso ha? Eppure un senso lo deve avere: rispondiamo a degli stimoli che non ci siamo dati scientemente, ma da cui veniamo bombardati e a cui ci adeguiamo anche contro il nostro stesso interesse. Sarebbe interessante dipanarne le cause e gli effetti...

rugiada said...

Buongiorno Francesco. Roberto. Ariel, buon giovedi a tutti!
La determinazione non ti mancava, anche se posso solo immaginare quanti sacrifici per ottenere il tuo diploma.
Il traffico e scorrettezze mi lasciano allibita, vivendo in una via principale ne vedo di tutti i colori. Altro che rotonde e dissuasori di velocita' attraversare è un terno al lotto. Buona giornata a tutti.

Francesco said...

Buongiorno cari amici. Si, diedi gli esami al Quintino Sella con la guerra ancora in corso (finirà dopo qualche mese) e l'insegnamento era rimasto quello più che esigente di sempre (un anno - due dopo tutto si vanificò per la massa di reduci che si presentavano alle prove con preparazione rasentante la nullità). Sostenemmo gli esami scritti per tutte le materie ove previsti, oltre gli orali senza alcuna esclusione. Non era il tempo di un paio di scritti e un paio di orali come poi verrà. Devo riconoscere però che gli studi già svolti al Carlo Moneta e al Pietro della Valle erano stati esaustivi, completi e soddisfacenti. Mi aiutarono tantissimo e seguitarono a farlo addirittursa all'Università. E' da considerare che per la preparazione svolgevo turni di lavoro 8 - 10 ore per 20 gg di notte e 10 mattutini. Avevo scambiato il pomeriggio col turno di notte del compagno di lavoro. Il mattino avevamo prodotto 200 qli di pasta con fatica che non descrivo. Per il latino mi offrirono all'esame la possibilità di non essere interrogato, o esserlo blandamente, ma di parlare io di quanto svolto, un sei era sicuro, ma se non ero ben preparato a che valeva? poi che figura avrei fatto per questa preferenza con me stesso e con i compagni che assistevano attenti? Allora lo rimandai e il preside fu d'accordo. Come corollario dico che il latino, anni dopo, verrà sbrigativamente abolito, assieme a altre materie (es: educazione civica) figlie della riforma gentile. Circa la frenesia dell'umanità odierna sia che si tratti di automobili, che di altri impegni, pur in un momento sociale di relativa agiatezza e calma, io ci vedo solo una generazione, o parte di essa, semplicemente disperata, ignara di un vero scopo della vita. Non posso che auspicare una concreta variazione comportamentale, mah!