Tuesday, November 13, 2018

14 novembre 2018 Mercoledì n° 40 NS Nuova Serie - 2714 dal 15/8/2018 - SS Giocondo e Nicola tavelic - pensiamo positivo

N° 40 NS (Nuova Serie) Mercoledì 14 novembre. Il Blog è rinato con una nuova serie, in quanto il 10 agosto 2018, con n° giornaliero 2714 (11 anni circa di attività), esso è stato azzerato da una infame azione di hackeraggio.

2001 Dopo i restauri riaprono le terme di Pompei 

Detto di frati: Chi al gioco fa denaro - è fortunato o è baro
Ugo Oietti: .... Senza intelligenza non v'è arte ....

Recordatio Diari 1944 - segue ........
..... -  Mi reco in caserma. Il primo giorno passa fra visita medica, conoscenza dei superiori, guardarsi un po’ attorno. Sono con alcuni italiani (con i miei diciassette anni forse il più giovane). C’è qualche tedesco maturo o con qualche acciacco di guerra. Nei graduati, sottufficiali e soldati, oltre i tedeschi doc, sono più sudtirolesi, guai dirgli altoatesini (precisano essere del decimo land austriaco). Comunque dato il tipo di reparto, la sussistenza, c’è l’aria di un’operosa rutinalità. Ricevo una tuta giallastra con un’infinità di tasche e taschini, per metà Africa Korp e altrettanto indumento di lavoro, un cinturone, una bustina con bottone sul davanti, una targhetta sul braccio con una scritta che dice qualcosa sul reparto assegnato, un giaccone, scarpe basse. Dicono che seguirà altro, per il momento mi arrangi da me. Per alcuni giorni noi romani, pochi, torneremo la sera a casa giacché stanno finendo di allestire delle camerate. Appena pronte alloggeremo in caserma. In effetti, questi locali non saranno mai terminati, data la brevità dei tempi che precederanno la ritirata tedesca. Inoltre avrò ben presto altra destinazione. Ricevo un documento, una piastrina, un tesserino.
-  Il reparto è addetto, fra l’altro, ai rifornimenti de di Anzio. Al ritorno si riporta di tutto, anche feriti, prigionieri e, a volte, c’è chi ha caricato morti, consegnati in un centro fuori città. Su questi c’è chi ci scherza dicendo che, pur essendo all’al di là, godano di ottima salute e ciò perché sono spruzzati dalla sanità con un disinfettante rosa che li fa apparire a volte quasi belli.
 -  I primi giorni sono adibito ai servizi interni, specie a selezionare indumenti, oggetti, documenti provenienti dal fronte e relativi a soldati alleati feriti, deceduti o prigionieri. Ci sono discrete quantità di armi. Tutto è separato, scelto e riportato in prospetti. Io applico le poche conoscenze della lingua e inizio a parlottare con i più anziani. Con i sudtirolesi nessun problema, parlano meglio di me. In alcune movimentazioni andiamo a caricare gallette e pasta nello stabilimento della Società Pantanella ove è basato piccolo presidio germanico.     
-  In seguito anch’io sarò impiegato, non molte volte, nei trasporti alle zone di Anzio. Si viaggia su autocarri militari o civili, spesso contrassegnati come Vaticani o Croce Rossa.  La fortuna ci assiste dagli aerei USA che attaccano fregandosene dei simboli. Sono in cielo tutto il giorno avventandosi su chi transiti. Come i taxi inglesi che girano con o no clienti.
 -  A volte vedo spettacoli affascinanti prodotti dai bengala che illuminano con luce pari a quella di più lune assieme. Se non fosse pericoloso li starei ad ammirare come i fuochi pirotecnici di San Giovanni. All’inizio di Febbraio una notizia però mi preoccupa.
-  Un graduato amico mi suggerisce di sparire poiché sembra sia giunto l’ordine di trasferire la nostra unità, e altre, in Germania, con destinazione nelle zone polacche, ove si stanno approntando delle linee di difesa. Aggiunge che se con i tedeschi ci sono problemi di vita non facile, ciò sarebbe nulla rispetto ai russi. Concordo, ma non posso, diserterei. I tempi sono brevi; alcuni giorni dopo convocano mio padre e me, assieme a altri, per motivi che ignoro. E’ mattino, è freddo, io sono ben coperto ma il cappotto è rimasto la sera prima nello spogliatoio. Mio padre si toglie il suo e me lo cede imponendomi di indossarlo. Mentre attendiamo, ci avvicina un nostro ufficiale il quale gli spiega che tra poco gli chiederà di firmare un foglio in tedesco, con qualche nota italiana; suggerisce non farlo giacché si tratta di un’autorizzazione all’espatrio. Aggiunge che la RSI ha contestato ai tedeschi che per i minorenni necessiti il consenso paterno per impieghi esteri. Mio padre chiede così una pausa d’un paio di giorni. Torniamo a casa. Io posso riprendere il mio pastrano.
-  Per me cambia poco. Il giorno dopo mi è recapitata la solita cartolina crucca. Sia il portiere, sia altri, cominciano a chiedersi che razza di rapporti abbia con i tedeschi. Per fortuna non hanno ravvisato nella mia tuta nulla di militare in quanto, se rientro a casa, mi tolgo il copricapo e indosso il pastrano. Mio padre crede  io sia inserito nel servizio Todt.
-  Mi ripresento in Corso d’Italia, sempre dal tenente Rothmann, che stavolta urla una salva d’improperi, con la interprete che mi fa cenni di stare calmo e sintetizzando mi dice che è adirato perché noi italiani cerchiamo di evitare sacrifici nel momento in cui il soldato tedesco combatte e muore in Italia, e che egli si aspettava altro da un componente della Duce - Jugend, a cui è stata pure concessa la tessera P.F.R (me lo dovevano dire i tedeschi).
-  Chiedo di parlare. Deglutisco Gli dico che i miei amici sono al nord, ove dovevo essere anch’io se non fosse stato per l’incidente del giornaletto. Lo prego di non prendersela ma la mia aspirazione sarebbe stata la Repubblica Sociale e non la Wermacht in Italia o, come dicono, presto in qualche paese dell’est. Devo essere stato convincente perché il tenente si addolcisce, ho però compiuto una gaffe e ora egli vuol sapere da chi abbia sentito parlare di un impiego estero. Mi giustifico dicendo che ho percepito solo voci, da noi chiamate radio scarpa.. La interprete chiede di spiegarmi meglio. Chiarisco che il detto si riferisce ai passaparola militari, spesso esatti. Al che il tenente fa un ghigno o sorriso e m’invita con un cenno a sedere. Esamina qualcosa e mi contesta che il signor padre ha già data la sua accettazione, non è quindi necessaria altra autorizzazione, e mostra il foglio di arruolamento della caserma italiana con la sua firma. Gli dico che pur di andare volontario l’ho apposta io.
 -  Comunque la firma non la contesto, c’è ed è vera, con ciò che ne consegue. Il tenente dice di ripresentarmi al reparto. La destinazione estera non è esatta, l’impiego sarà in Italia.
Chiude col solito “Heil Hitler”, io Heil Duce, cenno di saluti. Torno in caserma. Siamo sul finire di Febbraio.

Probabiliter  Ritorno sardo      -     Gavino.
Mai farsi una nomea, te la porti per una vita. Quando andavo a scuola, premesso che studiare mi piaceva, facevo il sedere soprattutto nel primo periodo, così ero quello che sgobbava coi benefit che ne venivano. Lo stesso avvenne per la Sardegna, l’aver svolto qualcosa in loco mi portò a essere considerato un esperto isolano e la mia società, come ho detto sopra, mi affiderà l’ispettorato dell’intera area, ampliato poi alla Sicilia costiera e interna, che sempre isola è   infine Campania e, successivamente, diverse aree del nord. Veniamo al racconto. Le sedi isolane mi vedevano almeno una volta al mese, il che voleva dire che dieci giorni su trenta ero in giro, con mia moglie che mi spronava a trovarmi una diversa occupazione. C’è da dire che un paio di settimane, più o meno, le passavo in casa, poi guadagnavo bene, ero stimato, mi dedicavo a aggiornamenti e studi, oltre a svolgere ad latere qualche piacere a “Monsignore” e “Sua Eccellenza”, e ciò senza mi si creassero problemi in quanto era scontato che, oltre a essere il responsabile commerciale di una parte d'Italia, fossi sotto il patronage dei due Capi particolari i quali, in più modi, erano coinvolti con la Società. Allora: ”Quando sarai a Sassari?… la settimana prossima?… bene, c’è “Sua Eccellenza” che chiede una cortesia, è un problema con uno di li’ che lui conosce dai tempi della repubblica, ma dovresti intervenire tu che ci sai fare. Non è un intervento particolare, solo farci una chiacchierata”..”direttore, mi spieghi .. Bene, farò come dice “..  Parto con mia moglie, felice di accompagnarmi, mia zia guarderà le figlie. Sono contento anch’io, ma lei mi servirà anche per dare meno nell’occhio. Alloggeremo in un hotel di Sassari, ospiti del responsabile del nord   -   isola Giuseppe X, che con Luigi X di Nuoro e Mario X di Cagliari garantisce e garantiscono il servizio di deposito e distribuzione dei nostri prodotti e servizi. Da tempo non ci sono i C47. Andiamo, mi sembra con un Caravelle. All’arrivo mi attende Giuseppe, abbracci calorosi, un figlio a disposizione, invito a pranzo con la marea dei pesci sardi. Mi prendo mezza giornata e una prima visita alla città a mia moglie la faccio fare io, poi gli comunico che mi assenterò: ”sai che sono qui per lavoro, domani vado col dott. Giuseppe per un paio di giorni nell’interno, non ti porto, è disagevole, suo figlio è a disposizione, ti faciliterà  in acquisti e nel farti visitare qualcosa”… Il mattino dopo levataccia e Giuseppe con la sua auto imbocca le vie che ci porteranno a Nuoro da Luigi, parente di un famoso filologo, nostro collaboratore, e: “allora dottore, mi hanno avvertito che dobbiamo far qualcosa assieme. Ma il Capo romano conosceva Gavino X? ”…. ….”dottor Giuseppe, Gavino era il suo sottufficiale di fiducia. E’ stato riferito che ha preso, o sta per prendere, una via sbagliata, per fortuna ancora non c’è nulla di irrecuperabile. Mi ha chiesto di fargli una proposta,  lei lo conosce vero? con la possibilità di andarsene in Germania”. Arriviamo a Nuoro, lungo stage con Luigi, poi pranzo corposo e a metà un sottoposto che gli sussurra qualcosa. Ci lascia e non torna…”c’è qualcosa di grave, hanno fatto fuori una persona”. Sapremo che un nipote era stato ammazzato sul bordo di una strada vicina. ..”allora dottore si va’ da Gavino, si prepari a incontrarlo, so dove andare”.. E affrontiamo uno slalom di stradine in zone montuose, disabitate, pietrose, pochi sterpi. Di lontano ci si immagina la presenza di pecore e qualche pastore. Giungiamo in un minuscolo aggregato, fermiamo e Giuseppe bussa a una casupola. Ne esce una donnetta diffidente, senza età, vestita di nero, lo riconosce, saluta e osserva me. Giuseppe gli dice che sono un amico e devo vedere Gavino per conto del Capo romano che lui conosce: ..“Dottore, lei sa il posto, mio figlio stasera ci sarà”. Giungiamo, poco più di una capanna di pastori, ci fermiamo e attendiamo. Giunge Gavino, due altri si fermano a distanza.  Saluti, preliminari, entriamo nel rifugio. Gavino si rivolge a me nel tono e dialetto sardi, in italiano così corretto che ho sempre invidiato agli isolani. …” come sta il Comandante?….se mi ricordo! è stato un padre per me”  …”senta Gavino, a Roma sanno che ha dei problemi. Per ora è roba da poco, mi può dire la situazione? Ha subito torti per la militanza passata? Non poteva affrontare tutto in altro modo?”.    …”senti Gavino (è Giuseppe che parla), conosco ogni cosa e non hai torto, ma ti sei infilato in un giro dal quale non potresti che uscirne male. Per fortuna siamo in tempo a uscirne. Al Capo c’è chi ha parlato di te e il dottore è venuto da Roma per offrirti di trasferirti in Germania, alla Mercedes, sei o no un bravo tecnico? e se vuoi tornare per rivedere tua madre il sistema c’è”…    ...”ma io a quel disgraziato la devo far pagare, è questione di poco” …   ”no Gavino, tu smetti. A quello la faremo pesare noi, è un ordine!”…  Gavino tentenna ma l’orgoglio impedisce il si. Poi: … ”se ordine è obbedisco, che devo fare?”… Io gli consegno un plico con il necessario per il viaggio, lavoro, un po’ di soldi. Gavino lo prende, legge qualcosa e: …“fate sapere al Comandante che parto domani. Lo ringrazio e se dovesse avere bisogno  sono pronto a dargli la vita, lo sa”… Un richiamo e i due compagni ci raggiungono; da un paniere viene fuori una cena da pastori, pane grosso, agnello, formaggi, salumi, vino tosto. E’ notte, Gavino dice a Giuseppe di tornare da sua madre che ha approntata una stanza per noi. Lo assicura, soprattutto per me, che per i sardi parola è parola, ha detto che partirà e ciò sarà. Poi ci salutiamo e i tre si allontanano. Scendiamo, dormiamo in una casa ove gli anni sono fermi, senza luce e con acqua in brocche. Il mattino, sul ritorno, siamo affiancati da una millecento scassata con quattro ceffi che non mi piacciono. Gridano: “tutto bene dottore? notato qualcosa?…. si fermi prego!”.  Era una potente auto civetta della polizia. Giuseppe mi dice che a lui lo conoscono, si sono insospettiti per me. Gli mostro i documenti poi gli agenti   -   barboni: …”Dottore visto che va’ a Sassari può dare un passaggio a uno dei nostri che deve rientrare?”… Così sulla macchina sale un irsuto che puzza più di una capra per non essersi lavato da giorni, si sistema dietro, si sdraia e cade in un sonno profondo, mi pare non simulato. Giuseppe sussurra: .“prima ero tranquillo, adesso non più”. Arriviamo a Sassari, l’agente impresentabile ci lascia ma il pessimo odore resta in vettura.  Completo gli impegni, rivedo mia moglie e Giuseppe dice: ...”dovremmo dedicare a noi almeno un altro giorno, meglio due, ma lasciamo stare, se li prenda con sua moglie, mio figlio sarà con voi, poi vi porterà all’aeroporto. Di nuovo abbracci e Giuseppe completerà il lavoro incompiuto. Giorni belli, purtroppo brevi, … ”direttore, ogni cosa procede bene, Cagliari la vedrò a fine mese, Sassari mi ha occupato più del previsto. Quanto al sardo l’ho incontrato, penso sia già in Germania. Se l’ho visto partire? no ma ha dato la sua parola e in Sardegna la parola è sacra.”.  Così termina il modesto piacere fatto al Capo. L’impegno sardo proseguirà invece per anni finché la mia società non verrà distrutta da una scatenata lotta sindacale. Ricordo sempre questo intervento, fu l’ultimo nell’isola in assoluto, una coda della guerra, della Repubblica, delle difficili condizioni dell’isola e popolazione. Gavino si salvò da un futuro che non prometteva niente di buono, lo rividi una volta, mi abbracciò.  Il "Capo" no, non c'era più.

Consideratio  Prova auto-ipnotica. Modi tanti, esiti scarsi.
Pomeriggio umido, uggioso. Chiedo aiuto ai flusso dell'est e al  flusso dell'ovest entrambi invocati e ora al mio fianco, e con loro ecco il punto di luce che sovrasta un mondo svanito. Flusso maschio dell'ovest dammi un aiuto che riempia il mio esserci crucciato, flusso materno dell'est ti chiedo tranquillità per il  mio animo turbato.  Così,  veloce  un soffio mi assale. E' sonno? Semiveglia? Altro? Il punto di luce  illumina il mio interno di bagliore possente e io mi sento tranquillo, disteso, padrone di me stesso,  pronto a svolgere un compito sempre prefissato e mai attuato. Quanto sono rimasto in sosta benefica? Un minuto, un'ora, fino a sera? Poi il punto di luce eccolo tornare nel suo empireo  e io mi riprendo pacato, saturo di sinuosa onda, con mente e mani pronte nell'affrontare un che di meritevole. Congedo i flussi che tornano nel loro regno sovrano, eterno, sovrastante il punto di luce.

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4 comments:

rugiada said...

Buongiorno Francesco. Roberto. Ariel e tutti!
Il modo di pensare dei nuoresi e interland, nonostante gli anni passati dal tuo intervento, non è cambiato. Onore e orgoglio al 1° posto.
Per quanto riguarda il nostro italiano è vero, appena apriamo bocca veniamo riconosciuti ovunque. Buona giornata a tutti!

Roberto said...

Ciao Francesco, Maristella, Ariel e tutti. Francesco, è sicuro che per la parola data ti saresti aggregato alle truppe in partenza per l'est "uso obbedir tacendo e tacendo morir", ma per fortuna il tuo ragionamento sul combattere per l'italia in Italia e probabilmente la tua giovane età hanno fatto decidere il tenente Rothmann per il meglio... Molto affascinante il remind sulla missione in Sardegna, sono molto contento che Gavino abbia alla fine prestato obbedienza più all'Idea e al suo Superiore che non alle leggi dell'onore isolano... Infine, molta ammirazione (e invidia) per le tue capacità cerebrali-spirituali, affinate con i tuoi studi e le tue ricerche...

Francesco said...

Buongiorno Maristella e grazie tua presenza. L'intervemto "anomalo" che svolsi in Sardegna ormai decine di anni or sono, non fu seguito da altri, bensì fu collaterale al mio impegno di ispettore commerciale (giovanile, se non proprio giovane) che seguii per almeno dieci anni, assieme all'ispettorato per la Sicilia. I nomi Us.., Dev..., Monaghed.. possono dire qualcosa ancora oggi, forse. Per me erano le tre colonne eccellenti su cui mi potevo basare. Il vostro parlare, l'ho detto, in un certo senso ve l'ho invidiato. Sempre corretto, ben marcato, comprensivo, anche se in accettabile dialetto. Ciao

Francesco said...

Ciao Roberto. Il problema Polonia al tempo fu attuale e molti reparti, alla fine compreso il nostro, vi furono trasferiti. Chiaro che significava finire in bocca ai russi che si erano prepotentemente svegliati. Non escludo che, al bisogno, sarei partito anch'io ma combinazioni varie, la società di lavoro vaticana, il Direttore ebreo ricoverato negli edifici lateranensi extraterritoriali, i tedeschi che dovevano molto al Papa, contribuirono a far si che il Tenente Rothman non apponesse il veto al mio trasferimento nel piccolo presidio della Pantanella, quanto utile ancora non so. Ti assicuro che in tutto il marasma di cose io intervenni pochissimo. Si maturò praticamente da se, dopo un mio accenno dei fatti a un monsignore (De Paolis) che seppi poi era il cappoellano dei rifugiati nella basilica romana. Come ho detto a Mary'S l'operazione Gavino fu l'ultimo vero intervento sardo. Poi stop, salvo forse qualche minipiacere rutinale a qualcuno che contava. Quanto agli aiuti chiesti ai miei collaboratori reali o irreali quanto scritto corrisponde a realtà in quanto, con perplessità e difficoltà, avevo deciso di svolgere una certa azione su cui mi necessitava un consiglio e un appoggio. Se mi telefoni posso parlartene di più. Ciao