Monday, October 29, 2018

Ottobre 30 2018 Martedì. n° 2714 + 27 NS  (nuova serie). Pensiamo positivo. 


Recordatio   Il cambio   
Illusioni e speranze: 
..... Questa parte è dedicata agli ultimi mesi del 1943, ma che mesi! Assieme ai compagni escogito ogni artifizio per lenire l’appetito. Mangiamo la frutta senza sbucciarla e con i semi centrali, le scorze delle arance, i bulbi dei cardi, raccolgo ramolacci e cicorie nei prati vicini, tentiamo di confezionare focacce su testi roventi con erbe bollite e macinate in un tritacarne aggiungendo un po’ di crusca. Riusciamo a mettere le mani su alcune partite di barbabietole da zucchero amare e coriacee, abbandonate sui binari della stazione Tuscolana dopo che un bombardamento distrugge il treno-merci che le trasportava; sono immangiabili però le nostre madri, con sapienti ammolli e lunghe cotture, riescono a farcele ingurgitare. Mangiamo minestre ove sono presenti bucce di piselli e patate. Dicono di fare attenzione perché nelle salsicce dei venditori clandestini, oltre il maiale e altre bestie “nobili”, sembra ci sia di tutto, anche cani, gatti e peggio. Facciamo incetta di noccioli di albicocche per mangiarne la mandorla. Ci riempiamo lo stomaco bevendo molta acqua (una volta, per scommessa, ne bevo un fiasco sentendomi male, quasi da morire). Un giorno un soldato tedesco amico, in servizio alla stazione Tuscolana, che frequenta la chiesa (è austriaco e cattolico), ci regala una pagnotta del loro pane pesante e nero.  Esso ha un odore penetrante di qualche cereale strano o muffa, e muffa era. In casa io e mio fratello tagliamo il filone a metà, con gli stomaci che avevano già secreto abbondanti succhi gastrici, e nel centro troviamo aggrumata una sfera compatta di pasta verdastra muffita. Non ci scoraggiamo, né ci passa per la mente di buttar via il tutto, prendiamo un coltellino e operiamo la pagnotta come un parto cesareo, estraendo la parte cattiva e mangiando il resto. Usufruisco ancora per poco del complemento alimentare costituito dalla colazione offertami dalle suore della Madonna dell’Orto in cambio del mio servizio mattutino nella loro cappella privata. Sono ormai grande per questo impegno che passo a qualche altro (durerà poco, la chiesa sarà totalmente distrutta nel bombardamento aereo americano del 13 Agosto). Comincio a chiedermi come si possa vincere una guerra contro inglesi e americani i quali, a quanto dicono, mangiano cinque volte al giorno i primi e ininterrottamente i secondi. Io mi faccio convincere che ciò costituisca un simbolo della loro decadenza e incapacità a competere con popoli spartani come il nostro. Frattanto mi consolo con ciò che dice Mussolini, e cioè che gli italiani potranno pur avere appetito ma non fame. Oltre quanto ripete il comandante GIL, cioè che essa è soprattutto un prodotto dell’immaginazione poiché le calorie dei generi assegnati sono calcolate per mantenerci in salute e non appesantirci (ne sono poco convinto, pur se sfoggiamo una linea invidiabile). E’ del periodo la battuta che l’ultimo buco della cintura sia il “Foro Mussolini”, i sanatori però sono pieni e ciò fa riflettere. Il dormire è un altro problema. Infatti, a parte gli allarmi con le sirene che spezzano il silenzio notturno, ai quali mi sto abituando, c’è il caldo di un’estate torrida non mitigato da alcun ventilatore e il freddo intenso di un inverno rigido, precoce, che ci costringe a usare un numero incredibile di coperte e maglie, visto che il riscaldamento di casa si basa su un’unica stufetta in cucina alimentata da un po’ di coke o ciocchi di traverse ferroviarie dismesse, che mio padre acquista sul lavoro, trasporta con un carretto a mano, e seghiamo nel terrazzo. Si sente anche la mancanza di lenzuola. I bollini per le stoffe si usano per vestiti e scarpe. Quale migliore occasione allora di ricevere, tramite la mia Legione, più bandiere giapponesi che usiamo per i letti anziché esporle alle finestre? Non prevediamo però che esse risulteranno troppo, dal che mi difenderò coprendomi con pigiama e calze, e ciò finché non le elimineremo. Come particolare rammento un viaggio faticoso e costoso con mio padre dai parenti umbri, per acquistare alcuni chili di farina bianca e gialla, un po’ di pane, lardo, un paio di bottiglie d’olio, qualcos’altro, e la rabbia e l’angoscia quando al ritorno, alla stazione Termini, incappiamo in un controllo della milizia annonaria che ci sequestra ogni cosa e denuncia mio padre, per fortuna senza conseguenze. Non escludo che il tutto se lo siano preso i militi. Amoretti e amorazzi nessuno, salvo le platoniche e fuggevoli simpatie per qualcuna del palazzo e della zona. I pensieri, la tensione, l’immaturità reciproca sono tanti che per ora fra noi ragazzi e ragazze abbiamo rapporti titubanti. Per fraternizzare aspettiamo momenti migliori, per ora c’è altro da pensare. 

Probabiliter “Die Kartoffeln” Le patate. 
L'argomento, pur modesto, potrebbe "forse" interessare
Dopo dei pezzi impegnativi passo a temi più leggeri e parlo di “Kartoffeln”, cioè le comuni patate. Vedrete, c’è da dire che per loro. Nell’inverno 43  -  44 la fame è tanta e si cerca di lenirla con ogni mezzo. Non è questione di soldi, anche se sono pochi, quanto di generi alimentari che non ci sono. Ricordo negozi semivuoti, i tanti prodotti tesserati, mercati con frutta e verdura poca, scadente e cara, con qualche banco di patate, anch’esse tesserate (mezzo chilo saltuariamente, due  -  tre pezzi per ciascuno). Il pane è sceso a 125 grammi giornalieri, poco più di una rosetta, poi passerà a 100 grammi e infine, prima del passaggio del fronte, a soli 70 grammi di abbrustolito. La razione di pasta, sempre che essa ci sia, è di pochi grammi giornalieri, così per il resto. Non voglio però affliggere coi problemi alimentari, specie ora che è di moda mangiare poco, con diete che rasentano l’anoressia, onde illudersi di mantenere una accettabile linea. Avrete sentito parlare dai vostri nonni, e da qualche madre, di minestroni con aggiunte di bucce di piselli, fave, pelatura di patate. Non hanno detto cose inesatte ed è tutto vero, con le mamme bravissime nel cucinare qualcosa di commestibile. Ciò premesso parlo di patate, cioè di “Kartoffeln”, visto che mi trovo nel servizio alimentare Whermacht.  Nella grande cucina esse sono onnipresenti. Ce n’è un grande cumulo che scema per i consumi e si incrementa con gli arrivi di provenienza tedesca, polacca, oltre le Italiane. Per pelarle, se occorre, ci sono cucinieri e militari comandati o consegnati. Tutti a farlo ad una incredibile velocità. Nel magazzino si trova pure una pelatrice mai vista in funzione. A proposito patate e pomodori sono entrambi solanacee e hanno parentela stretta, difficile a pensare ma è così, si sappia. Fuori del cancello sostano, per tollerata consuetudine, alcune donnette in attesa di ricevere le sbucciature delle patate, e magari qualcuna delle scartate, più residui di verdura o altro. Sono del ceto medio  -  popolare, ma non “povere”. Mi dicono che usano le pelature come uno degli ingredienti delle zuppe giornaliere, rendendole così più fitte, sfruttando la modesta rimanenza sotto la pellicina, poco in verità. Si lamentano però che le “Kartoffeln” siano pelate troppo bene, la buccia cioè è poco più di un velo, e poi le patate toccate sono quasi inesistenti. Ah! come sarebbero felici i figli se la minestra fosse un po’ più consistente! Le stesse donne, più qualche ragazza, dopo il nostro rancio si spartiranno i resti di cucina, posto vi siano. Comunque il problema delle bucce, foglie di cavoli e simili è quello che più interessa. Loro tutte mi fanno pena, mi sembra vederci mia madre o la sorella che non ho più. Non posso dirottargli le “Kartoffeln” intere, ma qualcosa tento di fare. Le “Kartoffeln” d’allora non sono quelle belle, calibrate, lucide, tipo le odierne nelle loro retine. Sono patate spesso sporche, con germogli, di calibratura irregolare, di aspetto anche brutto se così può dirsi, ma pur sempre un tubero ambito. Accenno una idea al cuciniere toscano, mi dice che ne parlerà col Capo. Lo farò anch’io ...“Emil, le patate dell’ultima partita delle polacche sono “gelate”, da pena!”…”Franz, sono tedesche della Prussia orientale, possibile che continui a fare confusione con la geografia?” …“guarda che sono di bassa qualità, quasi di scarto, lo sai e sappiamo”…”lo so, ma abbiamo quelle e basta, quindi verranno consumate tutte, fino all’ultima”…. ….”Emil, molte Kartoffeln sono gelate e fanno male, almeno queste dovrebbero pelarsi un po’ più a fondo… bene … se posso provvedo io a dirlo in cucina”..  E’ chiaro che Emil, dal cuore d’oro di futuro prete, avesse parlato anche col cuoco. Così le donne riceveranno i bidoni con pelature e scarti un po’ più consistenti e sulle tavole minestre e minestroni, a base soprattutto di patate scartate e bucce, così per cavoli e rape, saranno di maggiore gradimento. Loro, e ancor più una ragazzetta che non mi dispiaceva, sapranno dell’espediente e mi saranno riconoscenti, per la turba di casa in attesa di qualcosa di caldo. A complemento faccio aggiungere qualche patata in più, qualche barbabietola, le foglie di verze, generi sempre presenti nei menù, senza strafare per non dare nell’occhio. Ragazzi che leggete, questo avveniva solo sessanta anni or sono, non nel medioevo, coi nonni, e per qualcuno padri e madri, coinvolti e presenti. Non esisteva alcun problema di diete e di linea, anzi il contrario. Non ci si lamentava di nulla, l’essenziale era avere lo stomaco semisazio a mezzogiorno e magari la sera, senza sofisticare sulla presenza degli spartani ingredienti ingeriti.  Pensate a ciò quando vi sedete a tavola di fronte a cibi fantasiosi, abbondanti, ricchi, e magari li assaggiate soltanto, li rifiutate o li buttate. La ragazzina del mio tempo questi problemi non l’aveva. Visto quanto può essere detto sulle “Kartoffeln”, cioè sulle proletarie patate, tanto ambite in guerra ed oggi osannate nelle patatine dei Mc- Donald’s.

Consideratio. Debito pubblico. Inserto n°8
Ci furono momenti previdenzialmnte abbastanza  felici, nel primo dopoguerra quando, con noi tutti impegnati in lavori di ricostruzione prima e stabilizzazione poi l'INPS, seguendo l'indirizzo socio-assistenziale instaurato dal Duce, rilasciava ogni mese una marca-francobollo di valore proporzionale alla paga da applicare sul libretto personale di ognuno di noi.  Rammento che per l'inflazione frattanto intervenuta il loro valore venne aumentato nei primi 60 di 89 volte e io avevo maturato un trattamento,  calcolato con parametri oggi ininfluenti, già vicino alle 90mila annuali, con stipendi allora di 40-50mila , niente male se rapportato alla mia età. Poi il tracollo. L'INPS abolì il sistema contributivo, monetizzò le riserve d'ogni tipo immobiliari e finanziarie, e si gettò nelle pensioni facili, elargizioni imponenti, scivoli, altri rivoli e spese, profittando di un buon momento del lavoro, inventandosi il modello retributivo, cioè i contributi dei lavoratori attivi non sarebero stati più investiti in nulla ma utilizzati per pagare le pensioni in atto. Ciò resse finché non sopravvennero le infinite crisi degli ultimi 10 - 15 anni che ne ridussero drasticamente le entrata e siamo a oggi, Fornero o no. Non commento.

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4 comments:

rugiada said...

Buongiorno Francesco. Roberto. Ariel e tutti.
Delle bucce di patate ne sentii parlare anche a un'amico russo-tedesco. Rimpatriato dopo che la Germania accolse con una legge figli e parenti di tedeschi residenti in Russia dai tempi della guerra. Famiglie intere sono soppravissute con le bucce delle patate. Buona giornata a tutti.

Roberto said...

Ciao Francesco, Maristella, Ariel e tutti. Sì, al di là delle distruzioni, dei lutti, della paura dei bombardamenti fu la fame nera che improntò di sé i tempi di guerra (ma anche prima non c'era poi molto da scialare, mi sembra). Mi ricordo che mio padre me lo ripeteva sempre, e nella sua espressione, nei suoi occhi si poteva leggere perfettamente - ancora dopo decenni - la disperazione dell'impossibilità di mettere nello stomaco il necessario a sopravvivere...

Francesco said...

Ciao Maristella. Le patate, da ragazzo, le mangiavo in mille modi, sempre se disponibili (difficile). Bollite con o senza buccia, al forno intere con o senza buccia, cotte in una buca di terreno, con buccia, previa spazzolaturaa di pulizia. Quanto alle bucce nelle minestre era pratica abituale, sempore se disponibili. Si mettevano, solo in parte, anche nelle minestre-zuppe della cucina per presidio Wermacht e personale stabilimento. Assicuro che fritte erano buonissime, mangiabili forse ancora oggi. Ciao

Francesco said...

Caro Roberto. La descrizione che hai fatto per tuo padre è reale e commovente. Dovremmo dare una medaglia d'oro civile a tutte le madri e padri per il possibile e l'impossibile allora svolto per tentare di nutrire con un minimo di accettabilità i loro figli, essi a seguire spesso in maniera ridotta. Credo di sverlo spiegato anch'io più volte nei miei scritti. La fame quando c'è, quella vera, non la dietetica dei cali di peso, è feroce, violenta, morde, non ti lascia, per lenirla si è capaci di ogni cosa. Inutile dire che mangiavamo ogni cosa così com'era, senza riguardo alcuno a apparenza, stato, freschezza o meno. Ho già detto, e lo ripeto, che una volta con altro ragazzo ci contendemmo una grossa.... buccia d'Arancia e alla fine accettammo di farne mezza per ciascuno. E' per questo che, a parte la beneficienza TV-mediatica che non considero, faccio avere mensilmente, da una vita ormai, uno scatolone di pasta a una mensa di poveri. E' poco o niente, lo so, ma più che bene a loro ciò fa bene a me e alle mie ancestralità sempre presenti nel subconscio. Ciao